a cura di Federico Adamoli

Concorso Regionale 'Racconto la Resistenza'
[7 ottobre 2017]


     Lunedì 25 settembre 2017 nell'aula magna del Liceo "M. Delfico" di Teramo si è svolta la premiazione del 4°Concorso Regionale "Racconto la Resistenza" svoltosi in occasione del 74° anniversario della prima battaglia campale della Resistenza Italiana che si tenne il 25 settembre 1943 nelle montagne teramane di Bosco Martese. Il concorso, organizzato in occasione dell'anno scolastico 2016-2017 dalla Fondazione Pasquale Celommi e dal Comune di Torricella Sicura, era riservato agli alunni delle scuole medie superiori abruzzesi.
     Il concorso è diviso in due sezioni: la sezione "racconto" e quello "reperto con scheda". In quest'ultima veniva richiesto agli studenti di presentare un reperto significativo relativo alla resistenza e di redigere una scheda descrittiva. Nel concorso di quest'anno è stato premiato il libro inedito intitolato "Nel romanzo della vita. Memorie del tenente colonnello Umberto Adamoli" ed il primo premio è stato conferito a Giulia Adamoli, alunna neodiplomata del Liceo Classico "Saffo" di Roseto degli Abruzzi. Una copia digitale di questo libro sarà acquisita per l'esposizione nelle mostre organizzate dalla Fondazione Museo della Resistenza. Il 2017 è stato un anno ricco di riconoscimenti per la figura di Umberto Adamoli, e dopo l'intitolazione di un albero piantumato nel Giardino dei Giusti "Yad Vashem" a Limena (Padova) in occasione della Giornata della Memoria, giunge adesso il riconoscimento legato al concorso "Racconto la Resistenza".
     Nel libro di memorie di Umberto Adamoli viene descritto un risvolto della battaglia di Bosco Martese, che coinvolse direttamente quello che era stato il podestà della città di Teramo. Così Adamoli descrive l'episodio:

     "Quando i tedeschi, per effetto dell'armistizio, concordato dal nuovo governo, presieduto dall'ambiguo Pietro Badoglio, occupavano la città non più da amici, assecondando ancora il generale desiderio, rimanevo a quel posto divenuto, con i nuovi eventi, colmo di gravi pericoli.
     I tedeschi giungevano a Teramo feroci, non soltanto per l'armistizio, ma anche per le bande che vi si erano costituite e rifugiate sulla montagna. Non ripeterò qui le vicende di quel periodo molto nero, essendo state esse narrate, nei particolari, nel mio libro "Nel turbinio d'una tempesta". Dalle bande della montagna, ad esempio, tanto per citare un solo caso, era stato ucciso un maggiore medico, caduto nelle loro mani. I tedeschi, come loro costume e come leggi di guerra, chiedevano, per la rappresaglia, cento cittadini. Chiedevano inoltre l'immediato scioglimento di quelle bande, se si voleva evitare la distruzione della città. Momento tragico da vincere, da deprimere la più forte tempra. Quando, dopo tre ore di discussione, che avevo nel mio gabinetto con tre ufficiali, m'accorgevo, con sgomento, che i tedeschi rimanevano irremovibili nelle loro richieste e nei loro propositi, giungevo all'offerta ultima: offrivo, per tutti, al sacrificio di sangue, la mia vita.
     Gesto da leggenda, senza dubbio, ma non ne avevo considerato tutte le dolorose conseguenze che ne potevano derivare se l'evento, come era probabile, si fosse avverato.
     Ero tornato a casa quella stessa sera tranquilla, sereno, scherzoso; ma nel trovarmi dinanzi alla buona compagna, ignara di tutto, un senso di profonda tenerezza m'invadeva. Le leggi di guerra, specialmente per i tedeschi, erano inesorabili. La montagna, con l'uccisione a tradimento del maggiore medico, già aveva compiuto un atto insensato, stupido, vile. Non sapevo come la quistione sarebbe stata definita dai tedeschi anche nei miei riguardi. Poi, con gli istinti sanguinari dei nuovi eroi del bosco Martese, altri simili fatti si dovevano attendere. Quindi, se mi salvavo per quella volta, non mi sarei potuto in seguito più salvare. Comunque, in quel frangente, la mia vita si doveva ritenere attaccata ad un filo sottilissimo che da un momento all'altro, spezzandosi, mi poteva far precipitare nel baratro della notte, non più rischiarata dalla luce del giorno. Un senso di pietà m'invadeva, non per me, ché bello mi pareva morire per un fine che m'avvicinava ai martiri delle più pure umane idealità; ma pietà per la mia compagna che sarebbe rimasta sola, senza protezione, in uno dei momenti più difficili della terribile bufera. Un qualche mattino sarei uscito di casa, sereno come sempre, e non vi avrei fatto più ritorno. Per qualche altro atto sciagurato, dopo un giudizio sommario, i tedeschi m'avrebbero senza dubbio condotto dietro qualche muro, per l'ultima festa. A casa cosa sarebbe accaduto? Potevo pensarlo anche per ciò che poco dopo ebbe a succedere. Un usciere del comune, in uno di quei giorni, si presentava erroneamente a casa per chiedere la mia divisa d'ufficiale. La divisa, perché? Dopo una certa reticenza faceva capire che la divisa serviva per vestire il colonnello, che era morto. Morto! Dopo non molto vedevo precipitare nel mio ufficio, così come stava per la casa, con i capelli sciolti, senza lagrime, senza parola, senza fiato la cara sposa. Rimaneva a lungo, quasi svenuta, tra le mie braccia. Ritenni allora d'unire, ad ogni buon fine, alle mie ultime volontà, la seguente lettera: (omissis)
     Sopravvivevo, ma quante peripezie, quante trepidazioni per la mia città, per i miei concittadini. La mia compagna restava pure lei al suo posto, come un soldato, e concorreva a lenire, con la sua bontà, le sofferenze altrui. Più volte, nei bombardamenti, la morte aveva sfiorato la nostra vita."

    Umberto Adamoli (1878-1962) si arruolò giovanissimo nella Regia Guardia di Finanza e prese parte alla Prima Guerra Mondiale nella Sezione Mitraglieri venendo decorato con Medaglia d'Argento per la partecipazione ad importanti azioni di guerra svoltesi sul Costesin nel maggio del 1916. Lasciato il corpo dei finanzieri nel 1928 con il grado di Colonnello, fu prima Podestà di Silvi (Teramo) dal 1931 al 1934, quindi della città di Teramo, dal 1939 all'avvento della Liberazione. Nel periodo dell'occupazione tedesca si distinse per un atto di eroismo, essendosi offerto in ostaggio ai tedeschi che intendevano operare una rappresaglia nei confronti di 100 cittadini teramani, dopo i fatti di Bosco Martese. La recente pubblicistica si è occupata di lui in merito ad altro episodio della occupazione nazista, cioè il salvataggio di un nutrito gruppo di ebrei dalla deportazione. Dello specifico episodio, nell'ambito del tema della Shoah, si è ampiamente trattato a Teramo nella Giornata della Memoria del 2014 con la manifestazione intitolata “Umberto Adamoli. Il Podestà che salvò gli ebrei”. Il 27 gennaio 2017 nel Giardino dei Giusti ”Yad Vashem” di Limena (comune in provincia di Padova) è stato riconosciuto l'atto compiuto dall'Adamoli nei confronti degli ebrei, con una cerimonia di piantumazione di un albero dedicatogli quale "Giusto dell'Umanità".
     Fonti: Nel turbinio d'una tempesta (dalle pagine del mio diario 1943-1944) di Umberto Adamoli, Teramo, Tipografia Cioschi (capitoli: “La tedesca rabbia”; “Scompiglio nel bosco”; “Luci nelle tenebre”; pagg. 11-25) / “Nel romanzo della vita (memorie)”, di Umberto Adamoli, inedito, pagg. 347-351


  

    






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