Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


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     Il giorno 21, però, questa importante città-chiave è stata evacuata dagli Italiani e immediatamente occupata dai Canadesi e dagli Americani. Ora essi si sono già spinti al di là della catena di montagne che costituisce la spina dorsale dell'isola e ormai non hanno che 40 miglia — sebbene su terreno difficile — da percorrere prima di raggiungere la costa settentrionale. Alcune delle truppe italiane sconfitte nei settori occidentali e centrali starebbero ritirandosi in direzione nord-est, mentre altre aspettano pacificamente di essere catturate e mandate nei campi alleati per prigionieri.
     Già una settimana dopo, la partita in Sicilia poteva considerarsi esaurita. Nel cozzare delle opinioni, una ve n'era che raccoglieva l'unanimità di comandanti e soldati, di civili e militari: i Tedeschi si erano battuti dovunque, e specialmente nella piana di Catania, con estremo valore.
     

Dall'incontro di Feltre alla notte del Gran Consiglio

     La crisi militare non poteva non accompagnarsi a una crisi politica che investiva il regime nel suo Capo e nel suo sistema. La storia — soprattutto la moderna — ha dimostrato che un regime non cade mai per ragioni di carattere interno. Questioni morali, disagi economici, lotte di partiti non mettono mai in gioco l'esistenza di un regime.
     Sono questioni che non abbracciano mai l'intera popolazione, ma settori limitati della medesima. Un regime, qualsiasi regime, cade sotto il peso della sconfitta. L'impero del secondo Napoleone crolla sotto Sedan; quello degli Absburgo, dei Hohenzollern, dei Romanoff dopo la disfatta nella guerra 1915-1918; la terza Repubblica democratica tramonta nel 1940 dopo l'armistizio Petain: ne consegue che la monarchia italiana e i suoi complici non avevano che un programma: realizzare, attraverso la disfatta, la catastrofe del Fascismo.