(segue) Per la festa del Patto Lateranense
(12 dicembre 1930)
[Inizio scritto]
Erano gli uomini che si chiamavano
Minghetti, Sella, Lanza ed altri minori. Tutta gente degna di
rispetto, patrioti di sicura tempra, uomini di certissima fede, probi
fino allo scrupolo. Ebbene, negli anni che vanno dal 1870 al 1876,
non ci fu mai la proposta di festeggiare il 20 Settembre.
Nel 1876 avvenne quella che fu
chiamata erroneamente la rivoluzione delle sinistre. Sulla
piattaforma prima erano gli uomini della destra, glabri, segaligni,
che avevano qualche cosa dell'inglese nel loro modo di essere; poi,
dopo il 1876, abbiamo la barba fluente di Agostino De Pretis, il
quale inizia il trasformismo, cioè un regime di compromesso,
che non ha dottrina e che praticamente si limita alla ordinaria
amministrazione.
Chi abbia letto la storia politica
e diplomatica del Cilibrizzi, si sarà fatta un'idea pietosa di
quella che sia stata la politica italiana dal 1876 in poi. Anche
allora le sinistre non pensarono, che si potesse festeggiare il 20
Settembre. Finalmente, nel 1895, siamo al venticinquennio; e allora
nell'aula, il 6 luglio, il deputato Vischi propone un disegno di
legge, con un solo articolo così concepito: «Ai giorni
che dalla legge 23 giugno 1874, n. 1968, serie seconda, sono
dichiarati festivi per gli effetti civili, è aggiunto il 20
Settembre».
Devo dire che la discussione della
Camera non fu molto interessante. Parlarono Mazza Pilade, grande
dignitario di tutte le massonerie del mondo. Colajanni, Andrea Costa.
Parlò anche Imbriani e disse testualmente: «Che andiamo
facendo? Aumentando feste ogni giorno? Perché non la festa di
ogni plebiscito? E perché non la festa dei fatti che hanno
preparato la Patria? Ma se una festa nazionale ci deve essere,
riserviamola come premio di un dovere compiuto. Quando ai piedi delle
Alpi Giulie noi avremo riaffermata veramente l'integrità della
Patria, quando avremo conquistate Pola e Trieste, allora, sì,
decreteremo la nostra festa nazionale».
(segue...)
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