(segue) Settimo anniversario dei Fasci, a Villa Glori
(28 marzo 1926)
[Inizio scritto]

      Ebbene, o giovani camerati, se io guardo a questi ormai quattro anni di dura fatica, ho la coscienza perfettamente tranquilla. Ho lavorato, e me ne glorio, giorno per giorno, legato al mio dovere quotidiano e problemi poderosi che aspettavano la soluzione sono stati risolti. Guardate questa Roma, questa nostra adorabile Roma che sonnecchiava sotto le cure di una burocrazia sorda di orecchie e di cervello: questa Roma che era considerata una città come tutte le altre, nelle quali c'era un prefetto a rappresentare il governo. Siamo noi che abbiamo decapitato tutte le piccole capitali per fare di Roma la grande Roma imperiale, l'anima immensa del mondo latino.
      L'eroico quadrumviro della Marcia su Roma che vi ha parlato poc'anzi, ha ricordato il dramma del '24. Ogni rivoluzione ha avuto un dramma del genere. Ogni rivoluzione ha questo passivo. La vita sarebbe troppo bella e troppo comoda e troppo vile se non presentasse all'improvviso qualche volta delle grandi difficoltà.
      Ma, camerati, voglio farvi una confessione: in fondo in fondo, tutto questo 1924 a che cosa si riduce? Ad un consumo di inchiostro; si riduce a quintali, a tonnellate di carta stampata, si riduce a chilometri di articoli ponderosi che nessuno leggeva. Quando ho creduto che la misura fosse colma, e lo era, ho detto «basta», ed in poche ore la situazione ne fu veramente chiarita e delle opposizioni all'interno d'Italia non è restata che polvere vile.
      In un anno solo abbiamo dato al popolo italiano le leggi di difesa della rivoluzione fascista, abbiamo dato le leggi della ricostruzione nazionale e sociale, abbiamo dato le leggi all'Esercito, abbiamo approntato proprio in questi giorni il programma della Marina e dell'Aviazione. Tutto ciò è stato fatto in un anno. La mole di lavoro è grandissima. In altri tempi, vi dichiaro che non sarebbe bastato un cinquantennio.

(segue...)