La legge sindacale
(11 marzo 1926)


      Al Senato del Regno, nella tornala dell'undici marzo 1926, fu discusso e approvato il disegno di legge sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del Lavoro posto a base di quel vasto edificio corporativo che doveva avere i suoi sviluppi di anno in anno sino alla fase in cui si formerà lo Stato corporativo. (Cfr. i discorsi del 14 novembre 1933, e del 13 gennaio 1934). In tale occasione, dopo le dichiarazioni di S, E. Rocco, Ministro di Grazia e Giustizia, S. E. il Capo del Governo pronunciò il seguente discorso:

      Onorevoli Senatori!
      Di tutte le leggi che durante questi primi quaranta mesi di governo sono state sottoposte al vostro esame, l'attuale è la più coraggiosa, la più audace, la più innovatrice; quindi la più rivoluzionaria.
      Il mio amico e collega Rocco ha brillantemente difeso la legge, e l'andamento della discussione, favorevole nel complesso, mi dispenserebbe dal prendere la parola, se non volessi sottoporre all'esame del Senato alcune considerazioni di ordine storico. Questa legge viene dopo quaranta mesi di esperienza politica, viene dopo due anni e mezzo di sindacalismo nazionale fascista.
      Come è nato questo sindacalismo? dov'è nato? quando è nato? Atto di nascita: 1921. Luogo: la Valle Padana. Modo: la conquista e la distruzione dei fortilizi sovversivi.
      Questa conquista e questa distruzione, necessarie, hanno costato molto giovane sangue fascista. Il primo sindacalismo fu dunque un sindacalismo prettamente rurale, fu la rivoluzione dei taglieggiati, la rivolta dei piccoli proprietari, dei fittavoli, dei mezzadri. In un secondo tempo c'è stata anche l'adesione del bracciantato. Si poneva il problema: che cosa doveva essere questo sindacalismo? Doveva limitarsi ad essere un sindacalismo rurale? No, i dirigenti del Fascismo si preoccuparono di prendere posizione nei servizi pubblici ed allora sorse l'associazione nazionale dei ferrovieri fascisti, che ha purificato l'ambiente ferroviario. Sorsero le analoghe organizzazioni tra i postelegrafonici, che hanno reso un ricordo tutte le agitazioni di altri tempi: ma non bastarono. Bisognava andare anche verso le masse urbane, verso il proletariato industriale.

(segue...)