(segue) La politica interna al Senato
(5 dicembre 1924)
[Inizio scritto]

      All'indomani di quella rivoluzione io mi trovai di fronte a questo quesito: creare una nuova legalità o innestare la rivoluzione nel tronco, che io non ritenevo affatto esausto, della vecchia legalità? Fuori della costituzione o dentro la costituzione? Io scelsi e dissi: dentro la costituzione. Questo vi spiega la composizione del mio primo Ministero e vi spiegherà, nello stesso tempo, la serie successiva dei miei atti politici.
      In subordine si pone la seconda domanda: da allora ad oggi c'è stato o non c'è stato un processo di riassorbimento della rivoluzione nella costituzione e nella legalità? Rispondo nettamente: c'è stato; faticoso, lento, difficile, ma c'è stato.
      Terza domanda, importantissima: potrebbe un altro Governo — afascista, fascista o antifascista — accelerare e portare a compimento, in un termine di tempo più rapido, questo assorbimento completo della rivoluzione nella costituzione? Ne dubito fortemente, lo escludo.
      Si dice: voi avete preso degli impegni e non li avete mantenuti. Io dimostrerò, non con le parole ma con fatti, che quasi tutti gli impegni da me presi sono stati mantenuti.
      Avevo detto qui, in quest'aula severa, nel giugno scorso: reprimerò inflessibilmente tutti gli illegalismi in nome della legge, in nome dello Statuto, in nome dello stesso partito. Questi illegalismi sono metodicamente repressi. Ho dato delle cifre e nessuno ha potuto discutere.
      Ogni giorno si processa e si condanna. Io non faccio nulla perché ciò non sia, perché voglio, fermissimamente voglio che questi residui di illegalismo scompaiano definitivamente.
      C'è stato un disciplinamento del partito? C'è stato; e la prova è in quanto è avvenuto dopo il delitto Casalini, delitto che aveva portato alla massima esasperazione gli animi passionali dei fascisti. Io dettai in piedi, durante la seduta del Consiglio dei Ministri, il proclama del Partito fascista: «né violenze né speculazioni, a nessun costo». Abbiamo sepolto il nostro morto in silenzio e non abbiamo fatto una cooperativa per le speculazioni successive. Trillava molto il telefono quella sera: ma io non partii per Napoli se non ebbi la sicurezza che nulla di grave fosse avvenuto. E il mio collega on. Federzoni, esempio unico nella storia, andò in piazza il giorno dopo, nella piazza Tiburtina, per impedire, con tutta la sua autorità e il suo prestigio, che avvenissero incidenti.

(segue...)