(segue) La politica estera alla Camera
(15 novembre 1924)
[Inizio scritto]
Avevamo un'altra questione in
piedi con l'Inghilterra. L'abbiamo risolta. Abbiamo ottenuto il
Giuba; ma soprattutto, quello che è importante, abbiamo
separato la questione del Dodecanneso, il quale Dodecanneso fu
salvato a Losanna, quando io mi opposi a che le isole del Dodecanneso
passassero agli alleati, perché sapevo che se, per avventura,
fossero passate agli alleati, noi probabilmente non le avremmo più
avute.
Se noi, dunque, ci siamo liberati
da questi focolari, da questo punto di dolore, abbiamo cercato di
fare altrettanto in tutte le zone d'Europa dove questi focolari
esistono.
Abbiamo, quindi, fatto una
politica attiva. Non basta, infatti, risolvere i problemi dal punto
di vista contingente, bisogna dare delle soluzioni che abbiano una
certa durata nel tempo.
I popoli diventano pacifici,
lavorano tranquillamente, ritornano alle abitudini civili dei tempi
di pace, quando hanno dinanzi a sé un certo periodo di anni di
respiro, quando sentono, dietro i patti firmati, che per dieci, per
quindici, per venticinque, per cinquanta anni e più non ci
sarà guerra.
E queste linee direttrici della
politica italiana sono state portate al massimo possibile della loro
attuazione nel trattato di arbitrato con la Svizzera.
Io ho voluto, deliberatamente
voluto, questo Trattato; prima di tutto per dimostrare che la
politica estera del Governo fascista non è una politica di
aggressione, ma di pace con fermezza e con dignità; in secondo
luogo perché era opportuno disperdere certe correnti di
sospetto che avevano preso vigore in Svizzera; ed in terzo luogo
perché è necessario, altamente necessario, ai fini
della pace e della civiltà europea, che la Svizzera resti
integra e intatta, come un grande baluardo che distacca un po' la
massa, che già si annunzia possente, del germanesimo
rinnovato, il quale già oggi annunzia il suo prossimo bilancio
con circa tre miliardi di avanzo.
(segue...)
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