(segue) La politica estera alla Camera
(15 novembre 1924)
[Inizio scritto]

      Quale è stata la premessa della mia politica estera? La premessa della mia politica estera consiste nella seguente proposizione assai semplice:
      L'Italia ha bisogno di un lungo periodo di pace: tutta l'Europa, tutto il mondo, ma anche l'Italia; oserei dire soprattutto l'Italia, perché l'Italia è una Nazione che ha sopportato una ingente somma di sacrifici. Ed erano i suoi morti tutti italiani, di colore bianco. È un paese povero, l'Italia. Bisognerà cominciarselo a dire. Abbiamo fatto dei sacrifizi ingenti e abbiamo cento miliardi di lire carta di debiti. Anche questo non deve essere dimenticato, quantunque possa sembrare spiacevole il ricordarlo.
      Politica di pace. Mi sono trovato dinanzi a dei trattati. Io dichiarai sin dal novembre del 1922 che una grande Nazione, una grande Potenza, come è certamente l'Italia, non può avere che un atteggiamento dinanzi ai trattati: il rispetto dei medesimi tutte le volte che questi trattati recano le firme dei rappresentanti dell'Italia.
      Due anni fa, ben più che adesso, c'erano in tutta Europa dei focolari di discordia, dei punti di dolore. Ne avevamo noi e ne avevano gli altri paesi. Bisognava, evidentemente, a poco a poco, seguire una politica che spegnesse tutti questi focolari di discordia, i quali potevano, ad un certo momento, scoppiare nell'incendio della guerra. Ne avevamo uno noi particolarmente doloroso: quello di Fiume. La soluzione transazionale del problema di Fiume era la migliore possibile, anche se per avere il corpo e lo spirito di questa città abbiamo dovuto prenderla con una mutilazione. Perché, o signori, il paragrafo 4 del Trattato di Rapallo non concerneva Fiume annessa all'Italia; ma creava uno Stato indipendente, che era uno dei tanti paradossi usciti fuori dai troppo faticosi trattati di pace; uno Stato indipendente che non avrebbe potuto vivere né sul terreno politico, né sul terreno morale. Naturalmente il problema di Fiume esiste ancora; ma non esiste più nell'ordine internazionale; bensì nell'ordine interno italiano. Si tratta cioè di far sì che Fiume viva. La situazione di disagio in cui si trova oggi Fiume è la situazione in cui si trovava tre anni fa Trieste. Non dipende da noi, sì bene dal retroterra. Man mano che si sistema il retroterra, le correnti dei traffici riprendono il loro cammino naturale e fatale. La geografia non è una invenzione. Così già a Fiume si notano, oltre ad una discreta ripresa industriale, i primi sintomi di un risveglio dei traffici di quella città.

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