(segue) Combattentismo e Fascismo
(4 agosto 1924)
[Inizio scritto]

      Quando la Vittoria veniva mutilata, quando gli ufficiali venivano insultati, quando si sarebbero dovuti riformare i battaglioni dei combattenti e dei fanti per difendere quello che era stato un sacrificio ineffabile di venti generazioni, voi non avete mai veduto qualche cosa che vi ricordasse l'esistenza d'una Associazione nazionale dei combattenti. Solo dopo l'avvento del Fascismo, solo dopo che il Governo ha avuto il coraggio di dirsi il rappresentante di Vittorio Veneto, solo dopo che nel 1923 l'atmosfera è apparsa radicalmente cambiata, solo dopo che il Governo ha decretato la solennità del 24 maggio — ciò che nessun Governo aveva mai osato fare (applausi vivissimi) — solo dopo che era andato con cuore sempre più fraterno verso questi commilitoni, verso questi fratelli delle trincee, solo dopo tutto ciò, si sono avute le manifestazioni politiche del combattentismo. Sono evidentemente in ritardo.
      Il combattentismo si spiegava quattro anni fa, e, del resto, voi avete visto, che, come costrutto politico, come tendenza politica, come orientamento politico, da Assisi non è venuto nulla. Sotto questo aspetto io mi rammarico di dover constatare che i Combattenti hanno tenuto un contegno molto più grave e diverso di quello che non abbiano tenuto i mutilati a Fiume, da dove mi è giunto un appello, un'invocazione nobilissima redatta in termini dai quali esulava la speculazione politica.
      Bisogna ricordare anche l'opera concreta che il Governo ha compiuto pei Combattenti. Non è qui il caso di dire quante sistemazioni siano avvenute; tutto questo si è fatto nella pratica, dirò così, della ordinaria amministrazione. Non si chiede gratitudine, perché questo è il dovere del Governo. Ma sarebbe veramente deplorevole, sarebbe voler rinnegare la Vittoria, aggiungere le schiere dei fanti alla pallida e miserabile coalizione antifascista, perché, o signori, il Fascismo sarà quello che sarà, un crogiuolo di passioni più o meno nobili, ma è anche l'unica cosa potente, viva, degna di avvenire, che abbia la Nazione italiana.

(segue...)