(segue) Le nuove direttive economiche
(18 marzo 1923)
[Inizio scritto]

      Io non credo che quel complesso di forze che nelle industrie, nell'agricoltura, nei commerci, nelle banche, nei trasporti può essere chiamato col nome globale di capitalismo, sia prossimo al tramonto, come si è per lungo tempo asseverato da certi dottrinari dell'estremismo sociale. Una delle più grandi esperienze storiche, che si è svolta sotto i nostri occhi, sta a dimostrare che tutti i sistemi di economia associata, i quali prescindano dalla libera iniziativa e dagli impulsi individuali, falliscono più o meno pietosamente in un rapido volger di tempo. Ma la libera iniziativa non esclude l'accordo dei gruppi, tanto più facili, quanto più è leale la difesa dei singoli interessi. La vostra Camera di Commercio persegue appunto questo programma di indagine, di equilibrio, di coordinazione, di conciliazione.
      Voi siete qui a Roma per discutere sui mezzi migliori onde ravvivare quella grande corrente dei traffici che prima della guerra aveva aumentato il benessere e portato tutte le popolazioni ad un alto livello di vita. Sono problemi ponderosi e delicati che spesso presentano delle interferenze di ordine politico e morale: per risolverli bisogna essere guidati dalla convinzione che non c'è solo l'economia dell'Europa da rimettere in piena efficienza, ma ci sono anche paesi e continenti i quali possono formare il campo di una maggiore attività economica in un prossimo domani. Non è privo di significato il fatto che la potente repubblica degli Stati Uniti, abbia mandato una così numerosa rappresentanza a Roma. Segno è che se la politica ufficiale si tiene ancora riservata, l'economia sente che non può disinteressarsi di quanto si può fare o non fare in Europa.
      Non vi è dubbio che i Governi, a cominciare dal mio, esamineranno con la massima attenzione e terranno nel debito conto le decisioni che risulteranno dai lavori del vostro imponente ed importante congresso.

(segue...)