(segue) Il quinto anniversario dell'entrata in guerra
(24 maggio 1920)
[Inizio scritto]

      D'altra parte noi interventisti non dobbiamo stupirci se il mare è in tempesta. Sarebbe assurdo pretendere che un popolo uscente da una crisi così grave si rimetta a posto nelle 24 ore successive. E quando voi pensate che a due anni di distanza non abbiamo ancora la nostra pace quando voi pensate al trattamento fattoci dagli alleati alla deficienza dei nostri governanti voi dovete comprendere certe crisi di dubbio. Ma la guerra ha dato quello che doveva dare: la vittoria.
      Fischiando poco fa la evocazione della falce e del martello voi non avete certamente voluto spregiare questi che sono due strumenti del lavoro umano. Niente di più bello e di più nobile della falce che ci dà il pane e del martello che forgia i metalli. Non dunque spregio al lavoro manuale. Dobbiamo comprendere che questa sopravalutazione odierna del lavoro manuale è data dal fatto che la umanità soffre della mancanza dei beni materiali. Ed è naturale che coloro che producono questi elementi necessari abbiano una sopravalutazione eccessiva. Noi non rappresentiamo un punto di reazione. Diciamo alle masse di non andare troppo oltre e di non pretendere di trasformare la società attraverso un figurino che poi non conoscono. Se trasformazioni devono verificarsi devono avvenire tenendo conto degli elementi storici e psicologici della nostra civiltà.
      Non intendiamo osteggiare il movimento delle masse lavoratrici ma intendiamo smascherare la ignobile turlupinatura che ai danni delle masse lavoratrici fa una accozzaglia di borghesi semi borghesi e pseudo borghesi che per il solo fatto di avere la tessera credono di essere diventati salvatori dell'umanità. Non contro il proletariato ma contro il partito socialista fino a quando continuerà ad essere anti-italiano. Il partito socialista ha continuato dopo la vittoria a svalutare la guerra a fare la guerra all'intervento ed agli interventisti minacciando rappresaglie e scomuniche. Ebbene io per mio conto non cedo. Delle scomuniche me ne rido ma davanti alle rappresaglie risponderemo con le nostre sacrosante rappresaglie. Noi non possiamo però andare contro il popolo perché il popolo è quello che ha fatto la guerra. I contadini che oggi si agitano per risolvere il problema terriero non possono essere guardati da noi con antipatia. Commetteranno degli eccessi ma vi prego di considerare che il nerbo delle fanterie era composto di contadini che chi ha fatto la guerra sono stati i contadini.

(segue...)