(segue) «Navigare necesse»
(1 gennaio 1920)
[Inizio scritto]

      Per l'anno nuovo noi prendiamo quale parola d'ordine il motto che prima di essere dell'anseatica Brema fu di Roma imperiale: «navigare necesse». Navigare non soltanto per i mari e per gli oceani. Che l'Italia di domani debba «navigare» va diventando verità acquisita alla coscienza italiana: non la croce vorremmo vedere sullo stemma nazionale ma un'ancora o una vela. È assurdo non gettarsi sulle vie del mare quando il mare ci circonda da tre parti. Ci sono anche in questo campo dei «frigidi pessimisti» dall'anima perdutamente e irrimediabilmente libresca che sollevano delle obiezioni e dei dubbi: poveri di spirito che saranno sorpassati dalla realtà dei fatti. Ma per noi «navigare» significa battagliare. Contro gli altri contro noi stessi. La nostra battaglia è più ingrata ma è più bella perché ci impone di contare soltanto sulle nostre forze. Noi abbiamo stracciato tutte le verità rivelate abbiamo sputato su tutti i dogmi respinto tutti i paradisi schernito tutti i ciarlatani — bianchi rossi neri — che mettono in commercio le droghe miracolose per dare la «felicità» al genere umano. Non crediamo ai programmi agli schemi ai santi agli apostoli: non crediamo soprattutto alla felicità alla salvazione alla terra promessa. Non crediamo a una soluzione unica — sia essa di specie economica o politica o morale — a una soluzione lineare dei problemi della vita perché — o illustri cantastorie di tutte le sacrestie — la vita non è lineare e non la ridurrete mai a un segmento chiuso fra bisogni primordiali. Ritorniamo all'individuo. Appoggeremo tutto ciò che esalta amplifica l'individuo gli dà maggiore libertà maggiore benessere maggiore latitudine di vita combatteremo tutto ciò che deprime mortifica l'individuo. Due religioni si contendono oggi il dominio degli spiriti e del mondo: la nera e la rossa. Da due Vaticani partono oggi le encicliche: da quello di Roma e da quello di Mosca. Noi siamo gli eretici di queste due religioni. Noi soli immuni dal contagio. L'esito di questa battaglia è per noi d'ordine secondario. Per noi il combattimento ha il premio in sé anche se non sia coronato dalla vittoria. Il mondo d'oggi ha strane analogie con quello di Giuliano l'Apostata. Il «Galileo dalle rosse chiome» vincerà ancora una volta? O vincerà il Galileo mongolo del Kremlino? Riuscirà ad attuarsi il «capovolgimento» di tutti i valori così come avvenne nel crepuscolo di Roma?

(segue...)