(segue) Il «morale»
(18 giugno 1918)
[Inizio scritto]

      Non v'ha dubbio che in questi ultimi tempi il «morale» dei soldati italiani era altissimo. Le testimonianze dal fronte erano unanimi nell'affermarlo. Sette mesi appena sono stati sufficienti per rimettere in piena efficienza un Esercito che aveva subito la tremenda crisi dell'ottobre. Ma questa volta — tesoreggiando gli insegnamenti della disfatta — si è proceduto a una vera e propria cura d'anime. Migliorate le condizioni materiali della vita di trincea i soldati sono stati «propagandati». Si è cercato e si è riuscito a mettere una scintilla di passione un barlume di coscienza in queste vaste anonime masse di individui ignari: mentre si riaffermava l'imperio necessario e terribile della disciplina di guerra si faceva opera di persuasione si dissodavano i cervelli. Bisognava spiegare perché si faceva e si fa la guerra almeno a quattro quinti dei nostri soldati.
      La Nazione con mille iniziative — come quella della raccolta di cartelle del Prestito Nazionale quella dei doni per le cerimonie al fronte quella della premiazione delle bandiere e altre — ha assecondato l'opera del Comando Supremo.
      Prima di Caporetto si era creata una vera scissione profonda fra Esercito combattente e Paese: soldati da una parte e cittadini dall'altra non si comprendevano più; erano due mondi estranei l'uno all'altro. Oggi l'Esercito e la Nazione sono una identità sola. Il Paese è l'Esercito e l'Esercito è il Paese. Il Paese sa che dal suo contegno dipende quello dei soldati e i soldati sentono che il Paese non è una tribù di un altro dolore o di un altro sangue ma è carne della loro carne; è la loro famiglia il loro paese la loro città. Il soldato che difende il Paese difende in primo luogo se stesso poi le persone che gli sono più care poi i mezzi le condizioni che gli garantiscono l'esistenza.
      La nostra resistenza meravigliosa è la conseguenza diretta del «morale»». Migliaia di cannoni in più non ci avrebbero salvati se l'animo non fosse stato adeguato alla necessità. Ora che abbiamo al nostro attivo i risultati di una esperienza negativa — Caporetto — e quelli di una esperienza positiva — l'arresto quasi istantaneo dell'offensiva nemica — non ci resta che formulare l'augurio che si continui a camminare sulla buona strada che cioè il «morale» delle truppe continui ad essere l'oggetto di tutte le cure dei Comandi e della Nazione.

(segue...)