(segue) Il «morale»
(29 luglio 1917)
[Inizio scritto]

      Ma c'è — negli avvenimenti di questi giorni — una «lezione» che non deve andare perduta. E la lezione si riassume in questo «comandamento»: Bisogna vigilare colla massima diligenza sulla «salute morale» degli eserciti. A che cosa giovano migliaia di cannoni montagne di proiettili moltitudini di soldati se l'animo manca o non sa più affrontare il sacrificio? Un tempo — agli esordi della guerra — il problema massimo per la quadruplice fu un problema di ordine materiale tecnico; oggi dopo tre anni — l'efficienza dei mezzi tecnici è raggiunta — bisogna tener presente l'altra necessità: la resistenza morale degli eserciti e delle popolazioni.
      A dire il vero noi ci troviamo ancora in buone condizioni. Ma potrebbero essere infinitamente migliori se il governo di Salandra prima di Boselli poi avesse seguito una politica diversa più energica più previdente più spregiudicata. Noi ripetiamo la nostra parola d'ordine: bisogna dare un'anima all'esercito! E per quanto riguarda le condizioni interne dell'Italia di domani aggiungiamo: bisogna dare un contenuto «sociale» alla guerra! Andare ai soldati: ma non colle promesse incerte che per la loro stessa inconsistenza non possono sollevare entusiasmi ma con «fatti» i quali dimostrino ai soldati che tutta la nazione è con loro che tutta la nazione è concentrata nello sforzo di preparare una Italia nuova per l'esercito che tornerà vittorioso dalle frontiere riconquistate...
      Noi non c'intendiamo affatto di strategia né di tattica militare ma conosciamo molto bene il meccanismo interiore dell'anima popolare perché le stesse folle che portano oggi le stellette noi le abbiamo avute nel pugno in tempi non troppo lontani e sappiamo le parole che bisogna dire e quelle che non si devono dire; sappiamo quali molle devono essere toccate perché questi uomini «scattino» nell'azione... A questa gente che vi ha dato e vi dà il sangue non si può parlare sempre attraverso ai paragrafi di un regolamento di guerra buono forse per gli eserciti di caserma del vecchio Piemonte non più certamente per la nazione armata. Ma che la lettera debba sempre uccidere lo spirito?

(segue...)