(segue) Il «parecchio» arancione
(15 luglio 1917)
[Inizio scritto]

      Nessuno vuole presentare la massoneria italiana sotto una «falsa luce» come opina il signor Lebey. I fatti sono fatti e non si distruggono. L'emozione che si è impadronita di «tutta» l'opinione pubblica italiana è pienamente giustificata e non si calmerà tanto presto. Se domani i diritti sacri e imprescrittibili della Francia sull'Alsazia e Lorena e su Strasburgo fossero calpestati e misconosciuti dai delegati della massoneria francese che cosa si direbbe in Francia? Ma i massoni francesi hanno posto a chiare note a caratteri cubitali nella maniera più esplicita ed inequivocabile il diritto puro e semplice della Francia al riacquisto dell'Alsazia-Lorena. Senza plebisciti ben inteso. E hanno fatto benissimo. Ora i diritti altrettanto sacri e imprescrittibili dell'Italia su Trieste resi ancora più sacri dai martiri recenti che si aggiungono agli antichi — diciamo dalla forca di Oberdan e da quella di Sauro e dal sangue di migliaia di soldati italiani che portavano il grigioverde nella luce diffusa delle battaglie non già nelle tenebre delle radunate massoniche come fa il tenente Nathan — questi diritti sono stati sacrificati annullati vilipesi. Comprende adesso il signor Lebey perché da quindici giorni «tutta» la stampa italiana è insorta contro le deliberazioni di Parigi?
      Ora è chiaro che i «comunicati» — diramati all'inizio dello scandalo dal grande oriente di Roma e dal gran maestro della massoneria — erano pietosamente reticenti in alcune parti e menzogneri nel resto. Il signor Ferrari ha dichiarato che non era stata fatta nessuna «rinuncia ai diritti storici etnografici strategici dell'Italia sulle terre irredente» e non diceva il vero. Il signor Lebey ci dice che l'articolo quarto (quello dei plebisciti) «si completa col voto proposto dalla massoneria italiana e che i giornali italiani si guardarono bene dal pubblicare sebbene sia stato adottato da tutto il congresso per il ritorno del Trentino all'Italia cosa che non ha mai suscitato dubbi nell'animo nostro».

(segue...)