Per tutte le evenienze
(23 luglio 1915)


      La campagna del Popolo d'Italia per ottenere la revisione dei riformati di almeno dodici classi di leva non ha suscitato l'intervento della grande stampa quotidiana. Non mi riesce di comprendere la ragione di questo atteggiamento. Si dirà — forse — che è inutile suggerire al governo dei provvedimenti che esso può prendere quando meglio gli piace. Certo; il governo può ordinare la revisione di tutti i riformati e non solo delle classi appartenenti all'esercito permanente e alla milizia mobile ma anche di quelle della territoriale. Può il governo prolungare gli obblighi di leva dai 39 ai 45 anni come in Francia e sino ai 50 come in Germania e in Austria.
      Ma il compito della stampa è quello di illustrare queste necessità per renderle accette alle popolazioni. Ora la questione dei riformati è di una importanza fondamentale sia dal punto di vista dei bisogni dell'esercito come dal punto di vista della giustizia distributiva. Un giornale di Milano L'Italia clericale che all'inizio non vedeva con simpatia la nostra campagna aveva ieri l'altro una nota nella quale si prospettava chiaramente la necessità di una sollecita revisione dei troppi riformati ora abilissimi che bighellonano nelle città mentre potrebbero — e dovrebbero — compiere il loro dovere al fronte.
      Secondo i calcoli fatti dai competenti in certe leve si è avuto perfino il 40-45 per cento dei riformati. La facilità con cui si accordava la riforma dipendeva anche dalla convinzione falsa (ma diffusa in troppi ambienti anche militari) che una conflagrazione europea fosse impossibile. Per un esercito del «piede di casa» pochi uomini bastavano: così le classi che avevano nominalmente 380-400 mila inscritti non fornivano all'esercito che 120-150 mila soldati. C'è dunque una vasta massa dalla quale è possibile levare gli effettivi di parecchi nuovi corpi d'armata. Una revisione dei riformati può dare secondo le affermazioni del tecnico un contingente di almeno 600 mila uomini.

(segue...)