Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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Oltre il lago di Doberdò

     30 Novembre.
     Mi hanno detto che per trovare il mio reggimento debbo andare a Strassoldo. Parto da Udine alle 17. È sera inoltrata quando arrivo a Strassoldo. Paese deserto, poco piacevole. Per questo i soldati lo hanno ribattezzato: Tresoldi. E, forse, non vale di più. Nessuno mi sa dir niente di preciso. Trovo da dormire in una rimessa. Mi sprofondo nel fieno e trovo il sonno.
     Più innanzi saprò qualche cosa di positivo. Me lo assicura un compagno di viaggio, che trovo lungo la strada. È un bombardiere, che porta al braccio il distintivo di «militare ardito». L'ha ottenuto — egli mi narra — per il coraggio di cui diede prova, sul monte Cimone, dopo lo scoppio della mina austriaca. Cammin facendo, il discorso cade sulla guerra.
     — Hanno fatto male, gli austriaci, a dichiararci la guerra. Li ridurremo alla «mendicazione».
     Al Comando di tappa mi mandano in una piccola località vicina. Strada lunga e pesante. Per fortuna c'è un grande sole.
     Giungo ad Aquileja, città dalla eterna impronta romana, a sera tarda. Non mi dimentico di visitare la cattedrale.

     1° Dicembre.
     Ma non trovo tracce del mio reggimento. È stato in riposo, in questi paraggi, mentre io mi trovavo in licenza invernale, ma da qualche giorno è in linea. Oltre Isonzo saprò qualche cosa di preciso. Nelle strade larghe e diritte del basso Isonzo, il movimento è semplicemente formidabile, supera la mia immaginazione. Al bivio di Pieris trovo, conduttore di un camion, un amico interventista della vigilia. Monto sul camion.