Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     26 Settembre.
     Piove sempre. Da ventiquattro ore. Io sento l'acqua fredda che mi lava la pelle e finisce nelle scarpe. Stanotte un nostro posto di collegamento di quattro uomini e un caporale è stato catturato dagli austriaci truccati da bersaglieri. Nessuna nuova del porta-mensa Rossi. Il sergente Simonelli lo dà per «disperso». Stanotte nessun ferito. Grazie all'umidità del terreno, poche bombe sono scoppiate. Il capitano Mozzoni, che ha ricevuto in dono due bottiglie di cognac, lo ha fatto distribuire ai bersaglieri. L'atto indica il cuore e la gentilezza dell'uomo.
     Mentre scrivo, la pioggia è diventata nevischio che batte sonoramente e rabbiosamente sulla nostra tenda. Il che non impedisce a Pinna e Barnini di intonare una canzone nella quale si parla di una «regina che si vorrebbe incoronare». Romba, a intervalli, il cannone. Ora cantiamo tutti insieme:

     E la bandie-era
     Dei tre colo-ori
     È sempre stata la più bella, bella, bella
     Noi vogliamo sempre quella
     Noi vogliamo la libertà...


     Distribuzione gratuita di tabacco, sigari, sigarette. Parisi m'insegna: «Non bisogna accendere in tre con lo stesso fiammifero. Altrimenti muore il più piccolo dei tre».
     Superstizioni delle trincee. Accendiamo in due. Fumo.
     

Come si vive e come si muore nelle linee del fuoco

     27 Settembre.
     Da ieri mattina non abbiamo in corpo che un sorso freddo di caffè. Piove sempre. Da due giorni, ininterrottamente. Stanotte non ho chiuso occhio. Mi trovavo sotto la tenda con un tal Jannazzone, un contadino del Beneventano, il quale, inzuppato fradicio, come me, e un po' febbricitante, gemeva: