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LXXXIII.
La battaglia di Charenton.
Man mano che Athos ed Aramis si inoltravano sorpassando i differenti corpi scaglionati sulla strada, essi vedevano le corazze pulite e scintillanti succedere alle armi arrugginite, ed i moschetti rilucenti succedere alla partigiana screziata.
— Credo che sia qui il vero campo di battaglia, — disse Aramis ; — vedete quel corpo di cavalleria che sta davanti al ponte colle pistole in pugno ? Eh ! state in guardia, ecco che avanzano dei cannoni.
— Caspita! mio caro, — disse Athos, — dove ci avete condotti ? Mi pare di vedere tutto intorno a noi delle figure appartenenti a degli ufficiali dell'armata reale. Non è forse lo stesso signor di Chàtillon che si avanza con due brigadieri ?
Ed Athos mise mano alla spada, mentre Aramis credendo di aver passato effettivamente i limiti del campo parigino, portava la mano alle fonde.
— Buon giorno, signori, — disse il duca avvicinandosi, — vedo che voi non comprendete nulla di quanto accade, ma una parola vi spiegherà tutto. Noi 6Ìamo in tregua pel momento; si sta parlamentando; i signori di Retz, di Beaufort, e di Bouillon ragionando in questo momento politico. Ora, di due cose l'una: se gli affari non si accomodano, noi ci ritroveremo, cavalieri; se si aggiustassero ed io sarò destituito dal mio comando, ci ritroveremo egualmente.
— Signore — diis6e Aramis, — voi parlate a meraviglia. Permettetemi dunque che vi rivolga una domanda.
— Fate pure, signore.
— Dove sono i plenipotenziari?
— A Charenton, nella seconda casa a destra entrando dalla parte di Parigi.
— E questo abboccamento non era previsto ?
— No, signori. Esso è, a quanto pare, il risultato di nuove proposte che Mazarino ha fatto ieri ai Parigini.
Athos ed Aramis si guardarono sorridendo; cesi sapevano