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dia dell'armata parigina, e di là di dirigersi verso Charen-ton, quando ve ne fosse bisogno.
Siccome Athos ed Aramis andavano dalla stessa parto, essi scortarono Planchet fino sul suo terreno.
Planchet fece manovrare abbastanza bravamente i suoi soldati sulla Piazza Reale, e li scaglionò dietro una lunga fila di borghesi posti in via e nel sobborgo di Saint Antoine, in attesa del segnale di combattimento.
— La giornata sarà calda, — disse Planchet con accento belligero.
— Sì, oerto, — rispose Aramis; — ma il nemico è ancora lontano.
— Signore, raccorceremo la distanza, — rispose un decurione.
Aramis s'inchinò, poi rivolgendosi ad Athos:
— Io non mi prendo la briga di accamparmi in Piazza Reale con tutta quella gente, — diss'egli ; — volete che marciamo innanzi? vedremo meglio le cose.
— E poi il signor di Chatillon non verrà certo a cercarvi in Piazza Reale, non è vero? Andiamo innanzi dunque, amico mio.
— Non avete due parole da dire dal canto vostro al signor di Flamarens?
— Amico, — disse Athos, — ho preso una decisione, cioè di non estrarre più la spada se non sono proprio costretto.
— Da quando- in qua?
— Da quando ho tirato col pugnale.
— Ah, bene! ancora un ricordo del signor Mordaunt? Or bene, mio caro, non vi mancherebbe altro che d'aver rimorso d'aver ucciso quell'uomo !
— Zitto! — disse Athos mettendo un dito sulle labbra, con un triste sorriso che era suo particolare, — non parliamo più di Mordaunt; quello ci porterebbe sventura.
Ed Athos spronò verso Charenton, seguendo il sobborgo, poi la vallata di Fécamp, tutta gremita di borghesi armati.
Non occorre dire che Aramis lo seguiva a una mezza lunghezza di cavallo.