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Venti anni dopo (volume 3)

Alessandro Dumas (padre)
Fratelli Treves Editori, 1929, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 160
   nare che appena sarebbe guarito dalla gotta, il signor di Bouillon darebbe una bella matassa di filo da svolgere ai nemici del parlamento. Aspettando, con suo grande rammarico, egli diceva d'essere costretto di rimanere a letto.
   _ Oh, signori, — esclamò scorgendo i due visitatori e
   facendo l'atto di sollevarsi sul suo letto, sforzo che gli provocò una smorfia dolorosa, — voi siete molto fortunati, voi; potete montare a cavallo, andare, venire, combattere per la causa del popolo. Ma io, come vedete, sono inchiodato sul letto. Ah ! gotta maledetta ! — esclamò con una nuova contorsione del viso. — Diavolo di gotta!
   — Monsignore, — disse Athos, — noi arriviamo dall'Inghilterra, e la nostra prima premura, calcando il suolo di Parigi è stata di venire a prendere notizie della vostra salute.
   — Tante grazie, signori! tante grazie; — rispose il duca. — Cattiva, come vedete, è la mia salute... Demonio di gotta ! Ah ! voi arrivate dall'Inghilterra ? ed il re Carlo sta bene, mi pare, è vero? almeno da quanto ho potuto sapere...
   — È morto, monsignore, — disse Aramis.
   — Ohibò ! -»— fece il duca meravigliato.
   — Morto sul patibolo, condannato dal parlameuto.-
   — Impossibile!
   — E giustiziato in nostra presenza.
   ¦— Cosa mi diceva dunque il signor di Flamarens?
   — Il signor di Flamarens? — disse Aramis.
   — Sì, è appena uscito.
   Athos sorrise.
   — Con due compagni? — diss'egli.
   — Sì, con due compagni, — riprese il duca; poi aggiunse con una certa inquietudine : — li avreste incontrati ?
   — Ma sì, nella via, mi pare, — disse Athos.
   E guardò sorridendo Aramis, che dal canto suo lo guardò con una faccia alquanto stupita.
   — Diavolo di gotta! — esclamò monsignor di Bouillon, evidentemente tormentato dal male.
   — Monsignore, — disse Athos, — ci vuol proprio tutta la vostra devozione alla causa parigina per restare, sofferente come siete, alla testa delle armate, e questa perseveranza è causa davvero della nostra ammirazione; di me e del signor d'Herblay.
   — Cosa volete, signori ! bisogna pure sacrificarsi alla cosa pubblica; e voi tanto valorosi e tanto affezionati, voi che avete liberato il mio caro collega il duca di Beaufort,