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— A dopo domani mattina, la cosa è molto lunga, signore, — disse Chàtillon.
— Non sono io, — disse Aramis, — che fissa questo limite, e che chiede questa proroga, mi pare, e aggiunse che si potrebbe trovarsi in quella spedizione.
— Ś, signore, voi avete ragione, — esclaṃ Chàtillon, _e con gran piacere, se volete aver la compiacenza di venire fino alle porte di Charenton.
— Cosa dite, signore! per aver l'onore di incontrarvi, andrei anche in capo al mondo; potete immaginare se riuscirei di percorrer qualche lega a tale scopo.
— Or bene, a domani, signore.
— Ci tengo. Andatevene dunque a trovare il vostro cardinale. Ma prima giurate sul vostro onore che non lo avviserete del nostro ritorno.
— Dei patti!
— Perchè no?
— Perchè sono i vincitori che fanno le condizioni, e voi non lo siete, signori.
— Allora, sguainiamo subito le sciabole. Questo è lo stesso per noi che non comandiamo la spedizione di domani.
Chàtillon e Flamarens si guardarono ; vi era tanta ironia nelle parole e nel gesto di Aramis, che Chàtillon eopra-tutto stentava immensamente a frenare la sua collera. Ma, ad un cenno di Flamarens, egli si trattenne.
—- Va bene! sia, — diss'egli, — il nostro compagno, qualunque sia, non saprà nulla di quanto è accaduto. Ma voi mi promettete sul 6erio, signore, di trovarvi domani a Charenton.
— Oh ! — disse Aramis, — state tranquilli, signori.
I quattro gentiluomini si salutarono, ma questa volta furono Chàtillon e Flamarens che uscirono per primi dal Louvre, ed Athos ed Aramis li pedinarono.
— Con chi l'avete dunque che siete tanto furioso Aramis ? — domanḍ Athos.
— Eh, perdio! l'ho con coloro coi quali ho litigato.
— Che vi hanno fatto?
— Non avete visto ?
— No.
— Essi hanno ghignato, quando noi abbiamo giurato che abbiamo compiuto il nostro dovere in Inghilterra. Ora, o che l'hanno o che non l'hanno creduto; se l'hanno creduto, hanno sogghignato per insultarci, se non l'hanno creduto ci hanno insultato parimenti, ed è necessario provar