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Venti anni dopo (volume 3)

Alessandro Dumas (padre)
Fratelli Treves Editori, 1929, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 153 —-
   — Perdono, eignora, — disse Athos, — ma non voglio aggiungere nulla al racconto di quei signori, se prima non hanno riconosciuto di essersi ingannati.
   — Ingannati! — esclamò la regina quasi soffocata; ingannati !... Che è accaduto dunque ? Oh mio Dio !
   — Signore, —disse il signor di Flamarens ad Athos, — se noi ci siamo sbagliati, l'errore credo provenga da parte della regina, e voi non avrete la pretesa, suppongo, di rettificarlo, poiché sarebbe come dare una smentita a Sua Maestà.
   — Della regina, signore? — rispose Athos con voce calma e vibrante.
   — Sì, — mormorò Flamarens, abbassando gli occhi.
   Athos sospirò tristamente.
   — Non sarebbe piuttosto da parte di colui che vi accompagnava e che noi abbiamo visto con voi al corpo di guardia del dazio del Houle, che deriverebbe l'errore? — disse Aramis con la sua insultante cortesia. — Poiché se noi non ci siamo sbagliati, io ed il conte de La Fère, voi eravate in tre quando entraste a Parigi.
   Chàtillon e Flamarens trasalirono.
   — Ma, spiegatevi, conte ! — esclamò la regina con angoscia crescente; — sulla vostra fronte io leggo la disperazione, il vostro labbro esita ad annunciarmi qualche nuova terribile, le vostre mani tremano... Ah ! mio Dio ! che è mai accaduto ?
   — Signore ! —disse la principessina, cadendo ginocchioni vicino a sua madre, — abbiate pietà di noi !
   — Signore! — disse Chàtillon, — se voi recate una nuova funesta, voi agite da uomo crudele, portandola a* conoscenza alla regina.
   Aramis s'avvicinò a Chàtillon fin quasi a toccarlo.
   — Signore, — gli diss'egli colle labbra strette e lo sguardo scintillante, — voi non avete, credo, la pretesa d'insegnare al signor conte de La Fère ed a me, quello che devono dire qui?
   Durante quel breve alterco, Athos sempre colla mano sul cuore e la testa inclinata s'era avvicinato alla regina, e con voce commossa disse:
   — Madama, i principi che per loro natura sono superiori agli altri uomini, hanno ricevuto dal cielo un cuore fatto per sopportare delle sfortune maggiori di quelle del volgo ; poiché il loro cuore partecipa di quella superiorità. Quindi mi pare che non si deva agire con una grande re-