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il duca di Chevreuse, il signor di Brissac, il maresciallo di La Mothe, il signor di Luynes, il marchese di Vitry, il marchese di Noirmoutiers, il conte di Fiesque, il marchese di Laigues, il conte di Montrésor, il marchese di Sevigné, ed altri ancora.
— Ed il signor Raoul di Bragelonne? — domandò Athos con voce commossa; — d'Artagnan m'ha detto che ve l'ha raccomandato partendo, mio buon Planchet.
— Sì, signor conte, come fosse suo figlio, e devo dire che non l'ho perduto di vista un momento solo.
— Allora, — riprese Athos con voce alterata dalla gioia, — sta bene? non gli è avvenuto alcun sinistro?
— Nessuno, signore.
— E dove abita?
— Sempre al Gran Garlomagno.
— Dove passa la giornata?
— Talvolta presso la regina d'Inghilterra, talvolta presso madama di Chevreuse. Egli ed il conte di Guiche non si lasciano mai.
— Grazie, Planchet, grazie ! — disse Athos, allungandogli la mano.
— O signor conte, — disse Planchet, toccando quella mano colla punta delle dita.
— Cosa fate mai, conte? con un antico staffiere, — disse Aramis.
— Amico, — diss'egli, — mi dà notizie di Raoul.
— E adesso, signori, — disse Planchet che non aveva inteso l'osservazione, — cosa contate di fare?
— Rientrare a Parigi, se pur voi ce ne date il permesso, mio caro signor Planchet, — disse Athos.
— Come ! se io vi dò il permesso ! voi vi burlate di me, signor conte, io non sono altro che il vostro servitore.
E s'inchinò.
Poi volgendosi verso i suoi uomini :
— Lasciate passare questi signori, — diss'egli, — io li conosco, sono degli amici del signor di Beaufort.
— Viva monsignor di Beaufort ! — gridarono gli uomini del posto all'unisono, aprendo il passo ad Athos e ad Aramis.
Il sergente solo si avvicinò a Planchet :
— Che! senza passaporto? — mormorò.
— Senza passaporto, — disse Planchet.
— Fate attenzione, capitanò, — mormorò, dando in anticipo a Planchet il titolo che gli era stato promesso,