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Venti anni dopo (volume 3)

Alessandro Dumas (padre)
Fratelli Treves Editori, 1929, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 133 —-
   e inaspettato, e Grimaud lanciò un urlo di gioia; tutti si voltarono e videro Athos, livido, coll'occhio spento e la mano tremante riposarsi appoggiandosi al bordo del canotto. Otto braccia nerborute lo sollevarono subito e lo deposero nella barca, ove in un momento Athos si sentì riscaldato, rianimato, rinascere sotto le carezze e tra le strette dei suoi amici ebbri di gioia.
   — Voi non siete stato ferito, almeno? — domandò d'Artagnan.
   — No, — rispose Athos... — E lui?
   — Oh ! lui questa volta, grazie a Dio ! è proprio morto. Guardate !
   E d'Artagnan, forzando Athos a guardare nella direzione che gli indicava, gli mostrò il corpo di Mordaunt fluttuante sopra le onde, che a volte sommerso, a volte sollevato, sembrava ancora inseguire i quattro amici collo sguardo pieno d'insulto e di odio «mortale.
   Finalmente s'inabissò. Athos l'aveva seguito con occhio improntato a malinconia ed a pietà.
   — Bravo, Athos ! — disse Aramis, con un'espressione molto rara in lui.
   — Che bel colpo ! — esclamò Porthos.
   — Ho un figlio, — disse Athos, — ed ho voluto vivere.
   — Finalmente, ecco l'unica volta in cui Dio abbia agito.
   — Non sono io che l'ha ucciso, — disse Athos, — è il destino.
   LXXIX.
   In cui, dopo aver scansato d'essere arrostito, Mousqueton poco mancò che non fosse mangiato.
   Un profondo silenzio regnò a lungo nel canotto, dopo la scena terribile che abbiamo raccontato.
   La luna, che si era mostrata un momento, come se Dio avesse voluto che nessun particolare di quell'avvenimento restasse nascosto agli occhi degli spettatori, disparve dietro le nuvole; tutto ritornò in quella oscurità tanto spaventosa in qualunque deserto e sopratutto in quel deserto liquido che si chiama Oceano; e non s'intese altro se non il sibilo acuto del vento dell'ovest sulla cresta dei marosi.