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Venti anni dopo (volume 3)

Alessandro Dumas (padre)
Fratelli Treves Editori, 1929, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 121 —
   Grimaud aveva ascoltato tutto, se non tutto inteso: ma la vista suppliva in lui al difetto di comprensione perfetta della lingua; aveva visto, conosciuto i due mortali nemici dei moschettieri; aveva visto Mordaunt disporre la miccia; aveva inteso il proverbio, che per essere più facile Mordaunt aveva detto in francese. Finalmente palpava e ripalpava il contenuto del quartuccio che teneva in mano, e invece del liquido atteso da Mousqueton e da Blaisois scricchiolavano e si schiacciavano nelle sue dita i grani d'una polvere grossolana.
   Mordaunt s'allontanò col padrone. Alla porta si fermò ad origliare.
   — Sentite come dormono ? —: diss'egli.
   Infatti si sentiva Porthos, russare .attraverso il pavimento.
   — È Dio che ce ne libera, — disse Groslow.
   — E questa volta, — disse Mordaunt, — il diavolo non li salverà!
   Detto questo uscirono entrambi.
   LXXVII.
   Il vino di Porto. (seguito).
   Grimaud attese di sentire la stanghetta della porta stridere nella serratura, e quando si fu assicurato d'essere solo, si drizzò lentamente lungo la parete.
   — Ah ! — diss'egli asciugandosi colla manica delle grosse goccie di sudore che gli imperlavano la fronte; — come fu provvidenziale che Mousqueton abbia avuto sete!
   Si affrettò a passare per il buco, credendo di sognare ancora; ma la vista della polvere nel boccale gli provò che quel sogno era un incubo mortale.
   D'Artagnan, come si può immaginare, ascoltò tutti quei particolari con crescente interesse, e senza aspettare che Grimaud avesse terminato, si alzò, e avvicinando la bocca all'orecchio di Aramis, che dormiva alla sua manca, e toccandogli nel tempo stesso la spalla per prevenire ogni brusca mossa: