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restava mezzo curvo sul suo cavallo, colla mano dentro una fonda.
Groslow, nel dubbio in cui era, che i cavalieri che s'avvicinavano fossero quelli che egli aspettava, s'era rannicchiato dietro un cilindro piantato nel suolo che serviva per arrotolare le gomene; si alzò in quel punto, vedendo il segnale d'intelligenza, e si diresse diritto verso i gentiluomini. Era talmente incappucciato nel suo gabbano, che era impossibile vederlo in faccia. D'altronde la notte era cupa, e questa precauzione diventava inutile. Ad ogni modo l'occhio penetrante di Athos indovinò a dispetto dell'oscurità, che non era Roggers che gli stava davanti.
— Che volete? — disse a Groslow facendo un passo indietro.
— Voglio dirvi, milord, — rispose Groslow, affettando l'accento irlandese, — che voi cercate padrone Roggers, ma che voi cercherete invano.
— Che vuol dire? — domandò Athos.
— Vuol dire, che stamattina è caduto dalla coffa di un albero e si è rotta una gamba ; ma io sono suo cugino ; egli m'ha raccontato l'accaduto e m'ha incaricato di riconoscere in sua vece e di condurre a destinazione, ovunque essi desiderassero, i gentiluomini che portassero un fazzoletto annodato ai quattro angoli come quello che tenete in mano e come quello che io tengo in tasca.
E così dicendo Groslow trasse di tasca il fazzoletto che aveva già mostrato a Mordaunt.
— È tutto? — domandò Athos.
— No, Milord; poiché mi hanno promesso settantacinque lire se io vi sbarco sano e salvo a Boulogne o in qualunque punto della Francia che voi mi indicherete.
— Diceste tutto questo, d'Artagnan? — domandò Athos in francese.
— Prima di tutto, cos'ha detto? — rispose costui.
— Ah, è vero, — disse Athos; — dimenticavo che voi non conoscete l'inglese.
E ripetè a d'Artagnan la conversazione che aveva sostenuta col padrone.
— Ciò mi sembrerebbe abbastanza verosimile, — disse il Guascone.
— Ed anche a me, — rispose Athos.
— D'altronde, — rispose d'Artagnan, — se quest'uomo c'inganna potremo sempre bruciargli le cervella.
—- E chi ci condurrà?