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LXXIII.
La casa di Cromwell.
Era davvero Mordaunt che d'Artagnan aveva inseguito 6enza conoscerlo.
Entrando nella casa 6'era levato la maschera, s'era tolta la barba grigia che aveva messo per mascherarsi, aveva montato la scala, aperta la porta, e in una camera rischiarata dalla luce d'una lampada che la lasciava alquanto scura, si era trovato di fronte ad un uomo seduto davanti ad uno scrittoio che scriveva.
Quell'uomo era Cromwell.
Cromwell, come si sa, aveva due o tre nascondigli di quel genere in Londra ; eran sconosciuti persino ai suoi amici, e non palesava il segreto ai più intimi. Ora, Mordaunt, ce lo ricorderemo, poteva essere contato tra questi ultimi.
Quand'egli entrò, Cromwell alzò la testa.
— Siete voi, Mordaunt? —- gli disse, — venite tardi.
— Generale, — rispose Mordaunt, — ho voluto vedere la cerimonia sino alla fine, per questo ho ritardato.
— Ah, — disse Cromwell, — non credevo che foste tanto curioso.
— Sono sempre curioso quando si tratta di veder la caduta di un nemico di Vostro Onore, e quello non era annoverato tra i minori. Ma voi, generale, non eravate a White-Hall?
— No, — disse Cromwell.
, Vi fu un momento di silenzio.
— Avete avuto dei particolari? — domandò Mordaunt.
— Nessuno, sono qui dal mattino. So solamente che c'era una congiura per salvare il re.
— Ah ! voi sapevate questo ? — disse Mordaunt.
— Poco monta. Quattro uomini travestiti da operai dovevano liberare il re e condurlo a Greenwich, dove* una barca li aspettava.
— E sapendo tutto ciò, Vostro Onore rimaneva qui, lontano dalla città, tranquillo e inerte?