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— Venite dalle stanze della regina? — disse Mazarino fissando d'Artagnan.
— Io? E chi ve l'ha detto?
— Nessuno; ma io lo so.
— Mi spiace dover accertare monsignore che s'inganna,
— disse sfacciatamente il Guascone, forte della promessa fatta ad Anna d'Austria.
— Ho aperto io stesso l'anticamera e vi ho veduto venire dal fondo della galleria.
— M'hanno introdotto dalla scala segreta.
— Come?
— L'ignoro: sarà stato un malinteso.
Mazarino sapeva che non era facile far dire a d'Artagnan quello che voleva tener nascosto; mise quindi in disparte il pensiero di scoprire il segreto che gli celava il Guascone.
— Parliamo degli affari miei, — disse il cardinale,
— poiché nulla volete dirmi dei vostri.
D'Artagnan s'inchinò.
— Vi piace viaggiare? — domandò il cardinale.
— Ho passato la mia vita sulle strade maestre.
— Quali impegni vi trattengono a Parigi ?
— Nulla, non mi tratterrebbe a Parigi se non un ordine superiore.
— Bene! ecco una lettera da ricapitarsi.
— A chi? non v'è indirizzo.
Difatti, sul lato opposto al sigillo, non v'era scritto nulla.
— Il che significa, — notò il Mazarino, — che ha doppia coperta.
— Capisco, e debbo lacerare la prima dopo essere giunto però ad un determinato luogo.
— Va benone. Prendete e partite. Voi avete un amico, il signor du Vallon: mi sta a cuore moltissimo: lo piglie-rete con voi.
— Diavolo! — pensò fra sé d'Artagnan, — sa che abbiamo (Mito il suo colloquio di ieri e vuole allontanarci.
— Esitereste? — domandò Mazarino.
— No, parto subito. Solo desidererei una cosa.
— Quale? dite.
— Che Vostra Eminenza si recasse dalla regina.
— Quando?
— Subito.
— A che fine?