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Venti anni dopo (volume 2)

Alessadro Dumas (padre)
Fratelli Treves Editori Milano, 1929, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   —- 191 —
   — Venite dalle stanze della regina? — disse Mazarino fissando d'Artagnan.
   — Io? E chi ve l'ha detto?
   — Nessuno; ma io lo so.
   — Mi spiace dover accertare monsignore che s'inganna,
   — disse sfacciatamente il Guascone, forte della promessa fatta ad Anna d'Austria.
   — Ho aperto io stesso l'anticamera e vi ho veduto venire dal fondo della galleria.
   — M'hanno introdotto dalla scala segreta.
   — Come?
   — L'ignoro: sarà stato un malinteso.
   Mazarino sapeva che non era facile far dire a d'Artagnan quello che voleva tener nascosto; mise quindi in disparte il pensiero di scoprire il segreto che gli celava il Guascone.
   — Parliamo degli affari miei, — disse il cardinale,
   — poiché nulla volete dirmi dei vostri.
   D'Artagnan s'inchinò.
   — Vi piace viaggiare? — domandò il cardinale.
   — Ho passato la mia vita sulle strade maestre.
   — Quali impegni vi trattengono a Parigi ?
   — Nulla, non mi tratterrebbe a Parigi se non un ordine superiore.
   — Bene! ecco una lettera da ricapitarsi.
   — A chi? non v'è indirizzo.
   Difatti, sul lato opposto al sigillo, non v'era scritto nulla.
   — Il che significa, — notò il Mazarino, — che ha doppia coperta.
   — Capisco, e debbo lacerare la prima dopo essere giunto però ad un determinato luogo.
   — Va benone. Prendete e partite. Voi avete un amico, il signor du Vallon: mi sta a cuore moltissimo: lo piglie-rete con voi.
   — Diavolo! — pensò fra sé d'Artagnan, — sa che abbiamo (Mito il suo colloquio di ieri e vuole allontanarci.
   — Esitereste? — domandò Mazarino.
   — No, parto subito. Solo desidererei una cosa.
   — Quale? dite.
   — Che Vostra Eminenza si recasse dalla regina.
   — Quando?
   — Subito.
   — A che fine?