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Venti anni dopo (volume 2)

Alessadro Dumas (padre)
Fratelli Treves Editori Milano, 1929, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 187 —.
   da vent'anni quest'uomo di cui avrei dovuto tare un maresciallo di Francia per un assassinio, ed io ho lasciato nell'oblio il nobile d'Artagnan che mi ha salvata.
   E corse ad una tavola, su cui era carta e calamaio, si mise a scrivere.
   LUI.
   Il Colloquio.
   ?
   Quella mattina d'Artagnan dormiva nella stessa camera di Porthos.
   Era un'abitudine che i due amici avevano contratto dopo i torbidi. Sotto il loro capezzale avevano la spada, e sulla tavola,'a portata di mano, le pistole.
   D'Artagnan dormiva ancora e sognava che il cielo co-privasi d'una nube gialla, che da quella nube cadeva una pioggia d'oro, ed ei stendeva il cappello a raccoglierla.
   Porthos sognava a sua volta che le portiere della sua carrozza non erano larghe abbastanza da contenere tutti gli stemmi gentilizi che vi avrebbe fatti dipingere.
   Furono svegliati alle 6ette da un servo senza livrea che recava una lettera a d'Artagnan.
   — Per parte di chi? — domandò il Guascone.
   — Per parte della regina, — rispose il servo.
   — Eh ? che cos'ha detto ? — esclamò Porthos, sollevandosi col gomito sul letto.
   D'Artagnan pregò il servo a passare in una sala vicina, e, chiusa la porta, saltò giù dal letto e lesse rapidamente, mentre Porthos lo guardava con occhi spalancati, senza osar di volgergli una domanda.
   — Amico Porthos, — disse d'Artagnan, porgendogli la lettera ; — ecco qua il tuo titolo di barone e il mio brevetto di capitano. Tieni, e giudica.
   Pòi fchos tese la mano, prese la lettera e lesse con voce tremante :
   « La regina vuol parlare al signor d'Artagnan. Segua il latore ».
   — Orbene? — disse Porthos, — non vedo nulla di straordinario.