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rimase in piedi coli'orecchio teso; soltanto quand'ebbe udito il trotto del cavallo che si allontanava, cadde sopra una sedia dicendo:
— Ti ringrazio, mio Dio ! egli non riconosce che me solo I
XLIV.
Paternità.
Intanto che questa scena terribile accadeva in casa di lord de Winter, Athos, seduto vicino alla finestra della sua camera col gomito appoggiato sur una tavola e la testa su la mano, era intento cogli occhi e cogli orecchi a Raoul che raccontava le avventure del viaggio, i particolari della battaglia.
La bella e nobile fisionomia del gentiluomo esprimeva un indicibile contento al racconto di quelle prime emozioni così nuove e così pure ; egli aspirava il suono di quella voce giovanile che si appassionava di già ai buoni sentimenti, come si fa della musica armoniosa. Aveva dimostrato quanto vi era di cupo nel passato, di fosco nell'avvenire. Si sarebbe detto che il ritorno di quel fanciullo tanto amato avesse fatto di quegli stessi timori tante speranze. Athos era felice, felice come non lo era stato mai.
— E voi avete preso parte a quella battaglia, Bragelonne! — diceva l'antico moschettiere.
— Sì, signore.
— Ed è stata aspra ?
— Il signor principe ha caricato undici volte in persona.
— È un grand'uomo di guerra, Bragelonne.
— È un eroe, signore, io non l'ho perso di vista un momento. Oh! quanto è bello, signore, chiamarsi Condé... e di portare così il suo nome !
— Calmo e brillante, non è vero?
— Calmo come facesse pompa di sé, brillante come ad una festa. Quando noi abbordammo il nemico, andavamo al passo; ci avevano proibito di sparare pei primi, e noi marciammo verso gli spagnuoli che stavano sopra un'altura, col moschetto al fianco. Giunti a trenta passi da loro il principe si volse: « Ragazzi, — diss'egli, — state per so-