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Venti anni dopo (volume 2)

Alessadro Dumas (padre)
Fratelli Treves Editori Milano, 1929, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 73 — '
   gava. — Tua madre non ha più nè trono, nè sposo, nè figlio, nè danaro, nè amici; tua madre, mia povera figlia, è abbandonata da tutto l'universo !
   E la donna, rovesciandosi fra le braccia della figlia che si precipitava verso di lei per sostenerla, si lasciò vincere essa pure dai singhiozzi.
   — Madre mia, fatevi coraggio! — disse la ragazza.
   — Ah! i re sono disgraziati quest'anno, — disse la madre, posando la testa sulla spalla della fanciulla; — e nessuno pensa a noi in questo paese, poiché ciascuno pensa ai propri affari. Fintanto che tuo fratello è stato con noi, mi ha sostenuta; ma tuo fratello è partito, e presentemente non può dare sue notizie nè a me, nè a te, nè a suo padre. Ho impegnato i miei ultimi gioielli, ho venduto tutti i miei abiti e i tuoi per pagare gli stipendi dei suoi servitori, che ricusavano di accompagnarlo, se non avessi fatto questo sacrificio. Ora, siamo costrette a vivere alle spese delle figlie del signore. Noi siamo poverelle soccorse da Dio!
   — Ma perchè non vi rivolgete alla regina vostra sorella ? — chiese la giovine.
   — Ohimè! — disse l'afflitta, — la regina mia sorella non è più regina, mia cara figlia, è un altro che regna in suo nome. Un giorno lo comprenderai.
   — Ebbene! allora, al re vostro nipote. Volete che gli parli? Sapete quanto mi ami, o madre mia.
   — Ahimè, il re mio nipote non è ancor re, ed egli stesso, lo sapete bene, Laporte ce lo disse venti volte, egli' stesso manca di tutto.
   — Allora rivolgiamoci a Dio, — disse la giovanetta.
   E s'inginocchiò vicino alla madre.
   Quelle due donne, che inginocchiate pregavano con tanto fervore, erano la figlia e la nipote di Enrico IV, la moglie e la figlia di Carlo I.
   Terminavano la loro doppia preghiera, allorché una religiosa battè lievemente alla porta della cella.
   — Entrate, sorella, — disse la maggiore delle due donne, asciugandosi le lagrime e rialzandosi.
   La religiosa socchiuse rispettosamente la porta, e disse:
   — Vostra Maestà mi deve scusare se disturbo le sue meditazioni, — diss'ella, — ma vi è al parlatorio uno straniero arrivato dall'Inghilterra, e chiede l'onore di presentare una lettera a Vostra Maestà.
   — Oh, una lettera ! una lettera del re forse ! delle nuove forse di vostro padre, senza dubbio, sentite Enrichetta.