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sognando gli avessero rapito il signor di Beaufort. Allora si informava, di lui, e ad ogni deposiziono aveva il dolore di udire che il prigioniero giuocava, beveva, cantava che era un incanto; ma che facendo tutto ciò s'interrompeva sempre per giurare che il Mazarino gli pagherebbe caro tutti quei divertimenti che lo costringevano di prendere a Vincennes.
Quel pensiero aveva molto preoccupato il ministro durante il suo sonno; quindi, allorché alle sette del mattino Bernouin entrò nella stanza per svegliarlo la prima parola che proferì :
— Che c'è di nuovo? Il signor di Beaufort è forse fuggito da Vincennes?
— Noi credo, monsignore, — rispose Bernouin, la di cui calma abituale non si smentiva giammai ; — ma in ogni caso voi ne avete sicura notizia, giacché il bargello la Ramée, che mi mandaste a cercare stamane a Vincennes, attende gii ordini di Vostra Eminenza.
— Apritegli, e fatelo entrare, — disse Mazarino, accomodandosi in modo da riceverlo seduto sul letto.
L'ufficiale entrò. Era un uomo grande e grosso, paffuto e di buona cera. Aveva un tale aspetto tranquillo che mise un poco in apprensione Mazarino.
— Quel minchione mi ha proprio l'aria d'uno sciocco, — mormorò.
Il bargello rimaneva in piedi e silenzioso alla porta.
— Avvicinatevi, o signore! — disse Mazarino.
L'officiale obbedì.
— Sapete ciò che qui si dice? — continuò il cardinale.
— No, Eminenza.
— Ebbene, si dice che il signor di Beaufort fuggirà da Vincennes, se pure non è già fuggito.
L'aspetto dell'officiale espresse il più profondo stupore, aprì contemporaneamente i suoi occhi piccoli e la sua grande bocca per meglio sorbire la facezia che Sua Eminenza gli faceva l'onore di rivolgergli ; poi, non potendo rimanere serio più oltre a una simile supposizione, scoppiò a ridere, ma in modo tale che le sue membra voluminose erano scosse da quell'ilarità come da una febbre violenta !
Mazarino fu stupito di quell'espansione poco rispettosa, ma tuttavia non cessò di guardarlo con aria seria.
Quando la Ramée ebbe finito di ridere, e si asciugò gli occhi, credè che fosse alfin tempo di parlare e scusare la sconvenienza della sua allegria.