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Raoul si volse verso Athos che lo trattenne con un cenno impercettibile.
— No, signore, — rispose il giovinetto, — io resto vicino al signor conte.
— In questo caso addio a tutti e due, miei buoni amici, — disse d'Àrtagnan stringendo loro per l'ultima volta la mano, — che Dio vi conservi ! come noi dicevamo ogni volta che ci lasciavamo al tempo del fu cardinale.
Athos gli fece un cenno colla mano, Raoul una riverenza, e d'Àrtagnan e Planchet partirono.
Il conte li seguì cogli occhi, la mano appoggiata sulla spalla del giovine, la cui statura uguagliava già quasi la sua; ma appena furono scomparsi dietro il muro, il conte disse :
— Raoul, questa sera partiamo per Parigi.
— Come! — disse il giovinetto impallidendo.
— Voi potete andare a porgere l'addio per mio e per vostro conto a madama di Saint-Remy. Vi attendo qui alle sette.
Il giovine s'inchinò con una espressione mista di dolore e di gratitudine, e si ritirò per andare ad insellare il cavallo. D'Àrtagnan dal suo lato, appena fuori di vista del castello, si era tratta la lettera di tasca e l'aveva riletta :
« Ritornate immediatamente a Parigi ».
« I. M. ».
— La lettera è secca secca, — mormorò d'Àrtagnan, — e se non vi fosse un postscriptum, forse non l'avrei neppure intesa; ma fortunatamente vi è.
E lesse quel famoso postscriptum che lo faceva sorpassare sul laconismo della lettera:
« P.S. - Passate dal tesoriere del re, a Blois, ditegli il vostro nome e mostrategli questa lettera: riscuoterete duecento doppie ».
— Decisamente, — disse d'Àrtagnan, — questa prosa mi piace, ed il cardinale scrive meglio di quel che credevo. Animo, Planchet, andiamo a far visita al tesoriere del re, indi sproniamo i nostri cavalli.
— Verso Parigi, signore?
— Verso Parigi.
E tutt'e due partirono al più forte galoppo delle loro cavalcature.