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o Planchet, e va acl informarti; confesso che per mio conto non ne ho il coraggio.
Planchet saltò a terra.
— Riferirai, — disse d'Artagnan, — che un gentiluomo di passaggio desidera di aver l'onore di salutare il signor conte de La Fere; e se sei soddisfatto della risposta, mi
nominerai.
Planchet, conducendo il suo cavallo per la briglia, si avvicinò alla porta, suonò la campana del cancello, e si presentò tosto per ricevere Planchet un domestico dai capelli bianchi e ritto della persona, malgrado la sua età.
— È questa la dimora del signor conte de La Fere? — domandò Planchet.
— Sì, o signore, è questa, — rispose il domestico a Planchet che non portava livrea.
— Un signore ritirato dal servizio, non è vero?
— Appunto.
— Che aveva uno staffiere per nome Grimaud, — riprese Planchet che colla sua abituale prudenza non credeva mai di dar troppe spiegazioni.
— Per il momento il signor Grimaud è assente dal castello, — rispose il domestico guardando Planchet dai piedi alla testa, poco avvezzo come era a simili interrogazioni.
— Allora, — gridò Planchet pieno di gioia, — veggo che è lo stesso conte de La Fere che noi cerchiamo. Vogliate aprirmi allora, perchè desidererei di annunziare al signor conte che il mio padrone, un gentiluomo, suo amico, vorrebbe salutarlo.
, — Perchè non lo diceste subito ! — disse il domestico aprendo il cancello. — Ma dov'è il vostro padrone?
— È indietro e mi segue.
Il domestico aprì il cancello, precedette Planchet, il quale fece segno a d'Artagnan che col cuore palpitante più che mai, entrò a cavallo nella corte. Allorché Planchet fu sulla gradinata, s'intese una voce che usciva da una sala terrena e che diceva:
— Ebbene, dov'è questo gentiluomo, e perchè non lo si conduce qui?
Quella voce, giunta fino a d'Artagnan, risvegliò nel suo cuore mille sentimenti, mille rimembranze dimenticate. Saltò precipitosamente da cavallo, mentre Planchet, col' sorriso sulle labbra, si avanzava verso il padrone dell'alloggio.