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Venti anni dopo (volume 1)

Alessandro Dumas (padre)
Fratelli Teves Editori Milano, 1929, pagine 264

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 122 --
   — Dieci minuti di cammino, o eignori, per gambe così svelte come quelle del vostro cavallo.
   D'Artagnan ringraziò il bovaro e spronò il cavallo. Poi inquietato 6U0 malgrado all'idea di rivedere quell'uomo singolare, che l'aveva tanto amato, che aveva tanto contribuito coll'esempio e col consiglio alla sua educazione di gentiluomo, egli rallentò a poco a poco il passo del suo cavallo e continuò ad avanzare colla testa bassa come un meditabondo.
   Planchet aveva pure trovato nell'incontro e nell'attitudine del contadino, materia a gravi riflessioni. Mai, nè in Normandia, nè in Franche Comté, nè in Artois, nè in Pi-.cardia, che egli aveva particolarmente abitata, non aveva mai incontrato presso i villici, quell'andatura facile, quell'aria civile, quel linguaggio epurato. Era tentato di credere d'aver incontrato qualche gentiluomo, della fronda come lui, che per causa politica, era stato costretto come lui a travestirsi.
   Bentosto alla sinuosità della strada apparve ai due viaggiatori il castello de la Vallière, come loro aveva detto il bifolco; indi ad un quarto di lega circa più lungi, la casa bianca circondata da sicomori, si mostrò sul fondo di un gruppo d'alberi molto folti arricchiti dalla primavera tempestata di un nembo di fiori.
   A quella vista d'Artagnan, che ordinariamente s'impressionava poco, sentì uno strano disturbo penetrare sino in fondo al cuore, tanto sono possenti durante il corso della vita i ricordi della giovinezza. Planchet che non aveva gli stessi motivi di turbarsi, interdetto nel vedere il suo padrone sì agitato, guardava alternativamente d'Artagnan e la casa.
   Il moschettiere fece ancora alcuni passi in avanti e si trovò di fronte ad un cancello col gusto che distingue i fonditori di quel tempo.
   Si vedevano da quel cancello degli orti tenuti con cura, una corte abbastanza spaziosa nella quale scalpitavano parecchi cavalli maneggiabili, tenuti da valletti in differenti livree, ed una carrozza a cui erano aggiogati due cavalli del paese.
   — Noi c'inganniamo, o quell'uomo ci ha ingannati, — disse d'Artagnan; — non può essere questa la dimora di Athos. Mio Dio ! sarebbe egli morto, e questa proprietà apparterrebbe a qualcuno del suo nome? Metti piede a terra,