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di ferro, ne risultarono convulsioni ugualmente forti anche in assenza d'ogni apparente causa eccitante. Galvani teneva che i muscoli e i nervi erano analoghi alle pareti interna ed esterna della bottiglia di Leida. Volta asseriva che la.sorgente del fluido stava nel contatto di due metalli dissimili, mentre Fabroni scorgeva in quel fenomeno un indizio suggestivo di cambiamento chimico. L'ardente discussione che ne seguì ebbe fine coll'invenzione, nel 1800, della famosissima pila di Volta, la quale consisteva di dischi alterni di zinco e di argento, separati da pezzetti di panno saturi di sale e di acqua, e, successivamente, della così detta couronne des tasses o serie di1 tazze contenenti una soluzione salina in cui immergevansi piastrelle di zinco e di argento. Tali furono i tipi primitivi della batteria voltaica o galvanica, come suolsi chiamare più comunemente. Volta pubblicò primamente la stia scoperta in una lettera a sir Giuseppe Banks presidente della Società Reale di Londra; e la sensazione che produsse fu così grande che Napoleone, allora primo console, invitò l'umile professore di storia naturale a recarsi a Parigi per ispiegare la sua teoria dinanzi all'Accademia delle Scienze. Il risultato fu giudicato così soddisfacente che una medaglia d'oro fu accordata unanimemente all'inventore, il quale riceveva in pari tempo duemila scudi dal pubblico tesoro. Poco dopo l'invenzione della pila, Davy e Ritter di Monaco scoprivano la sua proprietà, di decomporre molte combinazioni chimiche. A due Italiani adunque, Galvani e Volta, il mondo va debitore di uno dei più grandi fattori del progresso materiale e dell'umano incivilimento — la applicazione dell'elettricità, por mezzo della pila che porta amendue i loro nomi.