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Storia della Letteratura Italiana

Giovanni Antonio Venturi
Sansoni Editore Firenze, 1929, pagine 327

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   I CLASSICISTI
   211
   Bellezze della Commedia di Dante, nei quali introduco alcuni letterati a leggere insieme il poema notandone minutamente i pregi della lingua e dello stile, opera che contiene molte buone osservazioni. Scrisse pure varie opere d'argomento morale e religioso, tradusse l'Imitazione di Cristo, le commedie di Terenzio nella lingua dei comici fiorentini del Cinquecento, e buona parte delle lettere di Cicerone. Il Cesari fu capo di quella scuola che fu detta dei puristi: uno degli ultimi e de' più rigidi fu Basilio Puoti di Napoli (1782-1847), dalla cui scuola famosa uscirono, con ben più larghe e diverse idee del maestro, il Settembrini, il De Sanctis ed altri valenti critici.
   Il richiamare allo studio de' Trecentisti fu certo ottimo pensiero, ma la dottrina del Cesari, secondo la quale bisognava attenersi soltanto all'uso di questi e di pochi scrittori del Cinquecento, era troppo angusta e gretta; e, benché contrapponendosi alla trascuratezza e alla soverchia licenza facesse del bene assai, si capisce che suscitasse subito aspre censure.
   Il Monti cominciò col burlare il Cesari in alcuni dialoghi frizzanti, pubblicati nel Poligrafo di Milano, per la sua cieca venerazione ai Trecentisti, e per gli errori nei quali era incorso nelle giunte al Vocabolario ; poi nella Proposta ripigliava i criteri e i principi del Cesarotti e di altri, e, pur concedendo alla Toscana il primato, poneva come regola della lingua piuttosto la ragione dei sapienti che l'uso, e del Vocabolario della Crusca faceva critica asprissima. Nella Proposta collaborò col Monti il suo genero Giulio Perticari, nato nel 1779 a Savignano di Romagna, magistrato prima a Savignano poi a Pesaro, morto nel 1822; nei volumi della Proposta il Perticari pubblicò due dissertazioni: Degli scrittori del Trecento e de' loro imitatori e Dell'amor patrio di Dante e del suo libro intorno il Volgare eloquio ; intesa la prima a dimostrare che i Trecentisti debbonsi imitare ma con giudizio, accettando il buono e rifiutando la scoria, e non si hanno da trascurare gli scrittori dei secoli successivi; intesa la seconda a propugnare le dottrine del De vulgari eloquentia intorno alla nostra lingua.
   Voleva « s'imparasse la lingua dai Trecentisti e lo stile dai greci » Pietro Giordani,27 puro e forbitissimo prosatore. Nato a Piacenza nel 1774, per dispiaceri domestici nel 1797 si fece benedettino, ma tre anni dopo si sfratò ed entrò nella carriera dei pubblici impieghi: dal 1808 al 1815 fu prosegretario dell'Ac-