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Storia della Letteratura Italiana

Giovanni Antonio Venturi
Sansoni Editore Firenze, 1929, pagine 327

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   FRANCESCO PETRARCA
   59
   gnifìca narrazione di Livio, è nell'entusiasmo, che tutta la penetra ed anima, per la grandezza di Roma. Le poesie minori sono dodici egloghe e tre libri di epistole poetiche : nell'egloghe il poeta parlò allegoricamente di sé e dei suoi tempi; sferzò i vizi della corte avignonese, della corte di Napoli, dei nobili romani. L'epistole trattano di svariati argomenti e, per la conoscenza della vita e dei sentimenti dell'autore, sono molto importanti, né mancano di bellezze artistiche: splendida quella con cui dall'alto del Monginevra, tornando in Italia, saluta commosso e giubilante la patria. Delle opere latine in prosa alcune sono compilazioni erudite, come il De Viris illustribus, una serie, rimasta interrotta, di biografìe d'illustri romani (fonte principale Tito Livio), a cominciare da Romolo, e anche di stranieri che ebbero parte nella storia di Roma, e i quattro libri Rerum memorandarum, opera pure rimasta incompiuta, modellata su Valerio Massimo. Altre, sono trattati morali e ascetici: De contem-ptu Mundi, o Secretum (tre dialoghi tra il Petrarca e Sant'Agostino al cospetto della Verità, che contengono come le confessioni di lui ed hanno quindi grande importanza), De Vita solitaria, De odo religiosorum, dove sono lodate ed esaltate la \ solitudine e la vita monastica, De remediis utriusque fortunae,
   ampio libro circa i rimedi contro le lusinghe e i pericoli della prospera fortuna e contro i colpi dell'avversa. « I trattati morali del Petrarca, dice il Gaspary, per la loro tendenza sono perfettamente medioevali, solo che anche in essi si manifesta l'amore ardente dell'autore per l'antichità classica. Cita con predilezione speciale gli autori romani, ed in mezzo a quel disprezzo di eremita e di monaco per i beni morali che la comunanza degli uomini produce, non può fare a meno di celebrare con orgoglio patriottico la potenza e grandezza del popolo romano, il cui uso energico dell'esistenza terrestre è giusto il contrario dell'ideale della vita da lui presentato ». Il Gentile però mette in rilievo la profonda differenza fra il pensiero del Petrarca e l'ascetismo e la filosofìa scolastica del Medio Evo. È noto come il Petrarca avesse in fastidio e in odio la scolastica, di fronte alla quale, nonostante la sua viva fede religiosa, egli è scettico; ma anche all'ascetismo « la sua umanità » realmente non riesce a piegarsi. « Egli sente la fugacità d'ogni soddisfazione che all'uomo è concessa in vita. Oltre la scienza vede il mistero, oltre le gioie della vita scorge lo spettro terrifico della morte; ma non