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IL, SECOLO XVI
voni. Gli ultimi anni passò ad Arquà, sui colli Euganei, e quivi lo colse la morte nella notte dal 18 al 19 luglio del 1374.
Francesco Petrarca visse fra gli agi e gli onori, che papi, principi c repubbliche facevano a gara a tributargli; festeggiato, ammirato, pieno di gloria. Eppure nei suoi scritti ci appare sempre inquieto, scontento, triste: la cagione di questa irrequietezza, di questo tedio, di questa malinconia è nell'anima di lui tormentata da sentimenti e desideri contrari, sinceramente religiosa, ma insieme attratta dai piaceri mondani, turbata e agitata dalle umane passioni. 3 Lo studio dei classici e della civiltà, antica eccita e infiamma il suo desiderio della gloria, ma questa brama della gloria terrena contrasta nell'animo suo col disprezzo che la religione ne insegna e comanda: così pure con la religione combatte la passione amorosa; e tutta la sua vita è insomma un perpetuo e angoscioso dissidio. 11 quale è mirabilmente ritratto nelle liriche che formano il Canzoniere: ma, prima di parlare di questo, accenniamo brevemente alle opere latine. *
2. Il Petrarca ebbe per l'antichità classica, e per Roma specialmente, un grande amore, un'ammirazione ardentissima: in ogni occasione cita gli scrittori latini e parla con le loro parole, li considera come cari amici e indirizza loro delle epistole; Cicerone e Virgilio sono i prediletti, e scrisse di amarli tanto che il primo gli pareva come un padre, il secondo come un fratello. Con indefesso studio cercò di acquistare nello scrivere latino franchezza ed eleganza: desiderò anche di apprendere il greco, ma per varie circostanze non gli venne fatto; si procurò tuttavia un manoscritto di Omero, che potè poi leggere nella traduzione in prosa latina del calabrese Leonzio Pilato. Non risparmiò denari, fatiche, viaggi per rintracciare codici di antichi classici; e se non poteva trovare un copista, li trascriveva anche di suo pugno. Diede insomma il più efficace impulso al rinnovamento della cultura classica, compiutosi poi nel secolo successivo.
Fra le sue poesie latine primeggia il poema l'Africa,4 che egli non finì mai di ritoccare e limare. Ha per argomento la seconda guerra punica e per protagonista Scipione l'Africano; il carattere di questo è freddo e poco poetico, il poema nel complesso è cosa mediocre, ma non manca di pregi: belli gli episodi di Sofonisba e di Magone. Il precipuo valore dell'Africa, ispirata dalla ma-