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Il Canti nel suo libro sul Monti ha egregiamente narrata l'origine della Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca. Non è vero ciie Austria abbia comandato questo lavoro per ridestare le antiche discordie fra gl Italiani ; perocché sino dal 1808 cominciarono le dissensioni fra l'Istituto Lombardo c la Crusca. La Crusca allora ripristinata da un decreto di Nano eone
ratti!V » '3nt® P1'en;;are r°Pfra mÌgH°re Che fosse stata imposta da lette-Hit* italiano. Premio quell anno alcuni lavori del Micali, del Niccolini e del Ro-
Wff Ti ?,tre nscani' ,(fridossi. all'ingiustizia; e la Crusca divenne bersaglio delle beile c delle collere de'letterati lombardi. Un prete veronese ebbe il corano di sfidare la tempesta e prendere la difesa della Crusca.
Antonio Cesari (1760-1828) nel dialogo le Grazie insegnò essere tutto oro purissimo quanto usci dalla penna dei trecentisti; e mise innanzi agl'Italiani come gemme del bel parlare gli stessi idiotismi, gli arcaismi e i riboboli, di cui ridondano quelle vecchie scritture. E la colpa maggiore e forse unica del Cesari, la quale ha fatto cadere in dimenticanza molte sue opere, che non mancano nè di erudizione nè di eloquenza, come la Vita di Gesù Cristo, ed il Fiore di storia ecclesiastica. Quanto egli fosse addentro nei segreti della lingua appare dalle sue Bellezze di Dante
reputo il libro migliore per condurre i giovanetti all'intelligenza del divino poema e ali acquisto dei fiori più schietti della nostra favella. Il Monti nel Poligrafo prese a farsi giuoco del buon filippino di Verona, e scrisse molti di que' festivi dialoghete ed apologhi che poi passarono nella Proposta. Era lancia spezzata del Cesari 1 abate Francesco Villardi vicentino, col quale poi si guastò perchè sosteneva potersi dire «octo invece di sozio. Nella Proposta il Monti ebbe l'assistenza eh valenti letterati, il Giordani, il Borghesi, il Grassi, il Maggi, e del suo genero Giulio Perticari di Pesaro (1779-1822). Quando l'Istituto lombardo lasciò al Monti 1 impresa di rivedere i conti alla Crusca, il Perticari, seguendo le orme dei Trissmo e facendosi scudo del Volgare eloquio di Dante, volle provare che nel o stesso trecento in tutta Italia si parlava o almeno si scriveva come in Toscana Il .trattato Degli scrittori del trecento fu seguito dalla Apologia dell' amor patrio di Dante, perche i Toscani dicevano che Dante per odio contro Firenze e non per proprio convincimento aveva così giudicato della lingua toscana. Ma nè eloquenza del Monti, nè l'erudizione del Perticari poterono gloriarsi della vittoria; gl Italiani confessano che la lingua eh'è negli scritti di Dante, Petrarca Boccaccio e Passavanti era lingua parlata nella Toscana, e che in niuna altra parte d Italia si parlava m quella maniera. Urbano Lampredi (1761-1838) fiorentino, dei padri Scolopi, dotto ellenista e matematico, scrisse sulla Proposta alcune assonnatissime lettere, in cui mostra come debba intendersi il famoso passo di .Dante su quel Volgare che in tutte le regioni d'Italia appare e in nessuna ri-posa. Il Lampredi afferma che in Toscana dai colti cittadini fu sempre parlata Ja lingua scritta dai grandi del trecento; che certe diversità fra il parlare e lo seri fere si devono ammettere, ma che queste non alterano il fondo della lino-uà che non viene alterata dallo stesso volgo, se per ignoranza storpia e sconcia m°olté voci e si forma a piacimento artificiato , ch'è frase di Dante, gerghi e riboboli eli og i solo capisce. Col Lampredi consentivano il Capponi, il Niccolini, il Rosini il Colombo e il Tommaseo; il Giordani, rispettando l'amicizia che lo legava al suocero e al genero, si tenne fuori della mischia. Orala Proposta rimane come un abro di bellissima prosa. La ricchezza, la disinvoltura, lo splendore e l'arguzia ^«r11® Pagine non ha paragone in alcun altro moderno scrittore; ma conviene pur dire oh erano toscane, e del più fino metallo , le armi impugnate dal Monti contro i Toscani. 11 Perticari al contrario affetta una magniloquenza che in simili argomenti annoja e stanca i lettori.
Dicono che il Monti nell'ultimo tempo di sua vita compiesse e limasse la versione della Pulcella di Orleans del Voltaire, cominciata da lui nella sua diinora in Parigi. Necessitato a piaggiare la vanità francese forse allora fu degno
Zanella.