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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   278 capo v.
   in onore, ricondussero gl'ingegni allo studio della lingua, ch'è il vincolo naturale degl'individui di una nazione. Fu appunto in quegli anni che il padre Cesar., guidarlo gli Italiani alle fonti del treeento, cominciò la sua ardita crociata contro i vecchi e i nuovi corrompitori della lingua del si. _ ^
   Milano era il focolare della rivoluzione italiana. Gli ingegni p: i turbolenti della Penisola vi erano accorsi e vi avevano fondati giornali propugnatori e diffonditori delle idee nuove. Giuseppe Lattanzi di Nemi nell Agro vomano vi scriveva il Giornale italico e il Colpo d'occhio. Il Lattanzi, cacciato da Roma per un suo scritto sui diritti dell'Impero e della Chiesa, aveva trovato un protetto! 3 in Giuseppe II che lo rimise in Italia con raccomandazioni al granduca di lo-scana Leopoldo, che poi fatto imperatore lo mandò a Mantova segretari > di quell'Accademia. Passò nella Cisalpina; indi corse a Roma a fondarvi la nuova repubblica, in cui fece le parti di Verre; ma, costretto a rendere le rulflte sostanze, fuggì qua e là per l'Italia, finche nel 1800, tornato a Milano, Amincio a pubblicare il Corriere delle dame. Il Monti nella Mascheroniana lo chiama.il galeotto di Nemi, del rubar maestro, Che a Caton si pareggia e monta I rosin, bcappato al remo e al tiberin capestro. Giuseppe Compagnoni di Lugo m Romagna, famoso per le sue finte Veglie del Tasso, colle quali inganno mezza Europa pubblicava il Mercurio d'Italia; il medico Giovanni Rasori il Giornale senza titolo, nel quale il Monti raccolse tutte le accuse date al Lattanzi e ¦ sua condanna per falsificazioni di cedole; articolo che gli fu causa di molesta e di amarezze
   per tutta la vita. .
   Pietro Custodi novarese, tanto benemerito della scienza per la sua raccolta
   deoli Economisti italiani, nei primi tempi della Cisalpina scrisse il Tribuno dei popolo, che, propugnando i diritti degl'Italiani, ebbe dopo pochi numeri 1 onor del sequestro e dell'imprigionamento dell'autore. Scrisse più tardi L Amico de,la libertà italiana. Si mescolava a questi corifei della stampa milanese il veneziano Franceseo Apostoli, che dopo molti viaggi ed avventure, tornato m patria, pc suoi audaci discorsi allo scoppiare della Rivoluzione francese era stato relegato a Cor tu. Caduta Venezia, l'Apostoli corse a Milano, donde passo come console della Cisalpina in Aneona. Per le vittorie di Souvarow fatto prigioniero di guerra e tradotto nel Sirmio, scrisse le Lettere Sirmiensi, che si devono leggere ua chi voglia, conoscere l'immenso progresso dello spirito italiano dai giorni dell Ap< s oli a quelli di Silvie Pellico. Superava tutti costoro di audacia e di eloquenza Frane, sco barn cosentino, che alcuni anni innanzi, per secondare i re di Napoli, aveva scritto contro i papi e la Chiesa; e venuto allora a Milano e fondatovi il suo Termometro politico, scriveva e raccoglieva in esso le più violente invettive che mai siano state scagliate contro gli antichi governi, contro la nobiltà e contro il sacerdozio Quando il Papa tentò di opporsi all'invasione francese, il Salfi fu invitato a nome nel Buonaparte a comporre un balletto pel teatro della Scala, ove il Papa ed il < olii suo generale fossero esposti alle risate della folla. Il Salfi si piccava di poesia, e auaedo in Roma Ugo Basville cadde trafitto per la mano del popolo, eghdipi .se quella morte come una trama di due cardinali, che non avevano rsparmiato i più codardi ed orribili insulti al figlio, alla moglie, al cadavere e a tutti gli amici dell'estinto. Quando uscì la Basvilliana del Monti, ed un grido li ammirazione si levò da un capo all'altro d'Italia, ognuno può pensare la stizza del Gain cne vide in lui non il nemico delle libere istituzioni, ma l'emulo della sua gloria poetica. Il Monti fuggitivo da Roma e risoluto di tentare le. sue giustificazioni ¦ Milano, cercò di porsi nella grazia del Salfi, al quale scrisse la famosa lettera, chc fu principio di quelle trasformazioni politiehe, che gli sono a stento perdonate per l'impareggiabile bellezza del suo verseggiare. Francesco Gianni romano aveva canliato il sedile del sarto col palco dell'improvvisatore, e col sonetto famoso .nifi Morte di Giuda aveva offuscato i quattro del Monti sullo stesso argomento. Ora costui era in Milano accetto ai demagoghi della Cisalpina, le cui mense al-