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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPO V
   Letteratura del Regno d' Italia. — Vincenzo Monti. — Ugo Foscolo. — Ippolito Pindemonte. — Prosa italiana. — Pietro Giordani. — Carlo Botta. — Pietro Colletta. — Archeologia. — Ennio Quirino Visconti. — Stefano Morcellt. — Domenico Sestini. — Gaetano Marini. — Angelo Mai. — Bartolomeo Borghesi.
   Fra il grido di miracolose vittorie e le facili adulazioni de' popoli ad un giovane conquistatore, che dell'insegne della libertà copriva i suoi pensieri tirannici, la nostra letteratura era entrata nel secolo decimonono. Gli antichi stati d'Italia, la Lombardia austriaca, il ducato di Modena, lo Stato pontificio, il regno di Napoli e la repubblica di Genova si erano cangiati nelle repubbliche Cisalpina, Transpadana, Romana, Partenopea e Ligure; Venezia, più sventurati. delie altre provinole, era stata venduta all'Austria. Le devastazioni, gl incendii e le rapmc de. pubblico tesoro; i più insigni monumenti dell' arte antica e moderna mandati di là dell'Alpi come trofeo della nostra schiavitù, non valevano a spegnere negl'Italiani 'il tempestoso entusiasmo, che la voce della libertà aveva in ossi destato. Giornali d'ogni colore, con que' triti paroloni di libertà, eguaglianza e fratellanza, inondarono le città; fu un diluvio di poesie e di prose contro i caduti governi, contro i preti e contro i nobili; in ogni borgata pullularono i Pindari che cantavano le vittorie dell'eroe più grande di Giove; nè si mosse mai una mano di soldati, che un Tirteo non li precedesse vaticinando lo sterminio ai tiranni. Questi saturnali letterarìi furono prima in Milano, ove i Francesi erano entrati nel maggio del 1796; poi coli'albero della libertà e colla bandiera tricolore si sparsero per tutti i paesi' d'Italia ; e le aule municipali, le accademie e le piazze risuonarono delle arringhe de' nuovi Demosteni innanzi alla folla che più applaudiva quanto meno intendeva. Gli animi del popolo non erano disposti a tale e tanta novità; e però guardavano a que' fatti più come a meraviglioso spettacolo che a felice ventura che fosse loro toccata; erano più che commossi, storditi, e più ehe persuasi, intronati. Il Verri aveva dimostrato che un sùbito e generale mutamento di cose era rimedio peggiore del male; e così fu allora n Italia; poiché quelle repubbliche non fondate sulle abitudini e sulle opinioni del popolo, prestamente scomparvero; e lo stesso Regno d'Italia, amministrato con leggi non italiane, dopo pochi anni di artificiale floridezza, fu distrutto per opera d. chi aveva versato il sangue a fondarlo. 11 Gervinus nella Storia del secolo decimonono dice giustamente che la parte colta degl' Italiani in que' sùbiti rivolgimenti di governo non badò nè alla maturità delle plebi, nè al tempo che si richiede al fiorire e consolidarsi di un'istituzione politica; ma non conosce la storia delle nostre lettere quando dice che tutti % più illustri Italiani, non solo i poeti, ma gli Scarpa, i Canova, i Galvani e i Volta furono di sensi repubblicani. Che Alfieri in astratto vagheggiasse la repubblica, ò vero; ma non era certo la repubblica francese nè alcuna delle italiane in cui vedesse incarnata la sua idea; basta leggere il MmogaM. Il Pari»