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rive del Mediterraneo da Marsiglia a Livorno osservando curiosissimi fatti de' molluschi, alcioni, millepore, madrepore, gorgoni e coralline; e tornava a Pavia ov'era professore di storia naturale fino dal 1759, con immensa raccolta di pesci, di crostacei e di testacei di quel mare. Nell'altro viaggio a Costantinopoli, Bu-karest e Vienna fatto nel 1785, non risparmia il coltello anatomico sulle sertularie, sui polipi e sui priapi marini; dà la caccia alle cicogne e alle farfalle ed esplora le viscere del corvo di mare. Traversando la Bulgaria, la Valachia, la Trans;lvania e l'Ungheria, s'occupava specialmente di geologia; la natura, l'intreccio, la direzione degli strati di que' monti gli porsero materia di belle osservazioni. Visitava le miniere saline di Salzburg, le aurifere di Orfcnbain, e quelle del piombo di Sche-mnitz e di Kremnitz per vedere come i metalli fossero combinati colle terre e fra di loro, e paragonare l'interna struttura colla forma esterna delle montagne. Negli ultimi anni di sua vita fece e scrisse i suoi viaggi nelle Due Sicilie, opera che lo colloca fra i più grandi geologi mineralogisti del tempo. Lo Spallanzani quanto acuto osservatore è altrettanto corretto scrittore. Le sue Dissertazioni di fisica animale e vegetale sono un libro, che, preso a leggere, più non. si depone attratti dalla novità dell' esperienze e dal candore della narrazione. I Viaggi nelle Due Sicilie colla varietà delle osservazioni sugli antichi monumenti e sui costumi de' paesi, dilettano quanto istruiscono. La Contemplazione della natura di Carlo Bon-net, tradotta ed arricchita di note dallo Spallanzani può dirsi il poema della natura , in cui al più vivo colorito delle immagini si congiunge il massimo rigore scientifico. Fu il libro più caro al Romagnosi. A Genthod sul lago di Ginevra lo Spallanzani visitava il Bonnet e alla presenza dell'ospite insigne e del Trembley, famoso pe' suoi studii sopra alcuni polipi d'acqua dolce, rinnovava con loro stupore le sue esperienze sulla generazione degli animali. Il Bonnet ha scritto che lo Spallanzani da sè solo in pochi anni ha scoperto maggiori cose che non abbiano fatto in molti anni le più illustri accademie di Europa. Ma non tutti gli stranieri sono così candidi estimatori del sommo Italiano; nè so se più muova a sdegno o a sorriso 1'Hoefer, che nella sua storia della zoologia edita nel 1873 appena ricorda il nome del principe de' naturalisti del suo tempo. Lo Spallanzani, prete, aveva avuto una educazione letteraria; conosceva perfettamente il greco; e le sue osservazioni sulla versione dell' Iliade del Salvini palesano la gran pratica che aveva delle due lingue e la finezza del suo gusto. E curioso a notare come nello stesso anno l'Italia vedesse nascere e morire due de' suoi massimi figli, Spallanzani e Parini.
Felice Fontana, fratello di Gregorio (1730-1805) tcrentfno, chiamato in Firenze dal granduca Leopoldo, vi fondò quel gabinetto di fisica e di stona naturale che al suo tempo fu il primo di Europa, specialmente per le preparazioni in cera colorata, di tutte anche le più minute parti del corpo umano. Era meraviglioso in questo delicato genere di lavori, e negli ultimi anni della vita lavorava intorno ad una grande statua di legno figurante tutto il corpo umano, le cui parti si staccavano e riunivano secondo che richiedeva lo studio. Il francese Auzoux trasse • quindi l'idea del suo uomo di carta. Ma questa sua meccanica valentia è poca cosa rispetto alle molte scoperte che gli deve la scienza. I suoi studii sui globetti rossi del sangue e sulle leggi della irritabilità di Haller meritarono che questo grande naturalista gli dedicasse il terzo volume della sua fisiologia. La sua teoria della respirazione dell'aria vitale e sull'assorbimento di ogni specie eli aria prodotto dal carbone; i suoi lavori sulla tremella, sulle idatidi, sulle anguille e sulla tenia cucurbitale; i suoi trattati sulla generazione, sul veleno delle vipere ed altri potentissimi tossici americani, gli apersero le porte delle più famose accademie di Europa. «Nella classica opera sui veleni studiò diligentemente la natura dei nervi, c si lasciò addietro le esperienze dei celebri Prokasca e Mourò, e vide meglio di ogni altro l'origine del nervo intercostale. Scrisse una curiosa memoria sui movimenti dell'iride dell'occhio, che, stranissimo caso, come nota il Lewes, egli aveva imparato a contrarre ed allargare a sua voglia.