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di aver dato qualche ordine alla materia co' suoi Commentarti ed aggiunte a Dio-scoride della quale opera si videro più di sessanta edizioni m tutte le lingue di Europa. Segue Andrea Cesalpino (1519-1608) di grezzo clic può dirsi il vero padre del metodo naturale in botanica; Prospero Alpino (1553-1616) di Marostica nel Vicentino, primo ed erudito illustratore della storia naturale dell Egitto e I molte piante nostrali. Francesco Bonafede di Padova, apriva nel 1545 l'orto botanico di quella città, che in ordine di tempo è il primo di Europa. Fabio Colonna napoletano, Paolo Boccone savonese, Paolo Cupani di Mirto e Giacomo Zanom di Montecchio , furono nel secolo decimosettimo i più distinti cultori di questa scienza. Antonio Donati (1606-1659) di Venezia, scrisse sui Semplici dei lidi veneti- e l'opera sua ò da riputarsi il primo esempio delle compilazioni che oggi si dicono flore. Se Marcello Malpigli! (1628-1694) di Bologna non avesse un posto cosi glorioso fra i fisiologi e gli anatomici, il suo nome starebbe m capo della moderna botanica. Fu de' primi che si servissero del microscopio ne' loro studii, e contestò all'inglese Neemia Grew la gloria di aver fondata 1'anat .mia c fisiologia vegetale. Primo vide nelle piante gli organi della trachea e quello degli stomi, con cui assorbono i gas. Pier Antonio Micheli (1679-1737) fiorentino, diresse le sue indagini specialmente sul piccolo mondo vegetale tanto vario e meraviglioso di forme. Le piante marine c di acqua dolce, le ciperacee, e più ancora ì funghi e le epatiche, furono magistralmente osservate da questo impareggiabile esploratore che la scienza oggi saluta principe de' crittogamisti. Superò Linneo e molti de' suoi successori nella investigazione degli esseri più minuti della natura. E sepolto in S. Croce di Firenze fra Michelangelo e Galileo. Soleva dire che se si fosse ritrovato in un prato in America vi sarebbe morto di fame, perche rapito dallo spettacolo di non più viste curiosità naturali, avrebbe dimenticato ogni pensiero di cibo. . -pì.
Giulio Pontedera (1688-1757) pisano, sino da giovinetto si era formato un
orto botanico di 500 piante da lui ben disposte e descritte. Il suo Compendio delle tavole botaniche gli valse la cattedra di botanica m Padova, dalla quale diffuse in tutto il Veneto 1' amore della sua scienza. Illustrò, ma con soverchia concisione, 272 piante neglette dagli altri naturalisti.
Gli fu discepolo Pietro Arduino, fratello di Giovanni (1728-1805) veronese , che successe al maestro nella direzione dell'orto botanico di Padova. Puoblico il suo Saggio di osservazioni botaniche in latino, che gli acquistò la stima_di Linneo, il quale diede il nome di ar duini a a un nuovo genere di piante da lui illustrate. Nel 1765 passò all'insegnamento nella cattedra di agraria allora istituita in la-dova, ed introducendo nuove piante nelle campagne del Veneto, e migliorando ì prati artificiali, applicò la diletta sua scienza all'utile dell'agricoltura.
Vincenzo Petagna (1734-1810) di Napoli, viaggiò la Germania, ove udì le lezioni de' più dotti naturalisti di allora. Visitò quindi la Sicilia. Le Istruzioni botaniche ed entomologhe ed il Trattato delle virtù delle piante raccomandano a
cultori della scienza il suo nome. _ ,
Il padre Bernardino Aurifici (1733-1796) di Uoria in Sicilia, fu direttore dell'orto botanico di Palermo. Nella sua descrizione delle piante siciliane fccc notabile aggiunta al catalogo di Linneo. • 7 . M
Giannantonio Scopoli (1723-1788) di Trento, colla sua Entomologia e jlor a della Carniola si era procurato un bel nome nella scienza c l'amicizia di Linneo e dell'Haller; era stato nominato professore di metallurgia alle miniere di Se he inni tz in Ungheria, donde nel 1776 era passato alla cattedra di botanica nel Università pavese. Gli fu fatale la pubblicazione delle sue Delizie della flora e fauna lombarda, poiehè avendo offeso con maligna suggestione il grande Spallanzani, che gli era collega, questi scoperse gli strafalcioni presi dallo Scopoli nella detta opera e lo trafisse coll'arme del ridicolo, quando dimostrò clic l'avversano avea preso per un verme un gozzo di gallina attaccato all'esofago.