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tolse al pericolo clic le sue fatiche potessero riuscire inutili per essere già fatto qu Ilo che intendeva di fare; e nello*stesso tempo gli fece vedere dove la scienza osse ancora difettiva e bisognosa di nuove ricerche. A quest uopo risposero mirabilmente i giornali scientifici, che circa quel tempo cominciarono a pubb.carsi n Europa, i quali in succosi compendii ponendo innanzi al cui ore di una Icienza ogni nuovo passo della stessa, lo sollevavano dalla fatica di leggere enormi vo-K, e g¥ lasciavano libero il tempo per altre investigazlni Si fece come una famiglia dei dotti di ogni nazione, i quali sparsi su tutta la faccia del glooo » comun cavano vicendevolmente il frutto delle loro ricerche con immenso van-ddle scienze, più specialmente di quelle che si collegano colla natura dli I, come sono la botanica e la zoologia. La rapidità delie comunicazioni le ricche raccolte de' più curiosi oggetti della natura, k diffusione di trattati e e-mentari la precisione degli strumenti misuratori d' ogni piccolo movimento delle forze e del tempo, hanno impresso alla scienza moderna questo moto rapido non meno che vasto Chi legge VInvito a Lesbia Cidonia^ del Mascheroni, trova m mezza panna più verità naturali che non sono in tutti i volumi di Aristotile di Tcofi asto c di Plinio ; ma chi guarda ai progressi che la scienza ha fotti lai giorni del Mascheroni a noi, trova che siamo figliuoli giganti di padri piccini. Cerchiamo ora i nomi più benemeriti di questo portentoso avanzamento delle scienze: e cominciando dalla matematica, che come scienza astratta precede ed ordina l'azione delle scienze naturali, diamo una parola ai grandi Italiani, che nel secolo onde parliamo, lasciarono luminoso vestigio di se nell'astronomia nella geografia, nella fisica, nell'idraulica, nella geologia, nell'agraria, nella botanica c
n^^if ristoratore degli studii matematici in Italia, dopo la morte del Cavalieri J nrima del La^an-e, fu il camaldolese Guido Grandi (1671-1742), cremonese. Crii-vane an c or a s'ali in molta fama per avere scoperti alcun bei teoremi circa li teoria delle curve, dette Concoidi e Cissoidi, e per le soluzioni di alcuni altri problemi ^Tentati invano dal grande discepolo di Galileo, il Yiviani. Rimise in onore la sintesi • dimostrò geometricamente i teoremi dell'Huyghcns sulla logistica e-sul a WaH mica con appendici sulle quadrature di certi spani si golan; nel a quali onera giovandosi di alcune curve trovate da lui e dette correlative sciolse mo rg,H e difficili problemi senza l'ajuto del calolo differenzi che ancoranon sconosceva. Il Newton fe' grandi elogi di questo lavoro, per cui il Grandi fj ascritto alla Società reale df Londra; come l'altre suo scatto sulla del circolo e della iperbole gli guadagnò l'ammirazione del Lcibmtz. 11 suo trat Itodee Sezioni coniche e\Jnto profondo, altrettanto elegante; poiché, seco do a costume della scuola di Galileo, il Grandi non disgiunse mai dalla scienza culto deUe buone lettere. Di ciò'fanno ampia fede i suoigeometrici ^ quali dalla circonferenza di alcune foglie di rosa e d'altri fio oglie 1 idea d alcune delicatissime curve fino allora non osservate. Fu profossore per trentanni Ai matematica in Pisa, e prese parte agli studn sul dissecoranen o della VaW Nicvolc e per invito del Pontefice, sull'immissione del Reno ne Pc. Nello scio gliere moHu problemi di acustica si'valse del principio chele onde sonore s incurvano in altrettante iperboli concentriche. 1 U 11
L'eredità del Grandi fu raccolta da Giuseppe Torelli (1721 1781), veioi ..so. Innamorato degli antichi geometri, oltre molti suoi opuscoli dettati in latjo, sj voi* ad illustrare gli scritti che rimangono di Archimede; h tradusse in elegante fatino cogliendo con finissima critica le migliori lezioni, e dove mancano i co,h,i supplendo con dotte e, ngetture; aggiunse al testo il commento di Euticho asja lonita parimente corretto da lui. Archimede aveva proposti alcuni teoremi, di c u si son'o perdute le dimostrazioni; il Torelli rifece il lavoro. Col «mensa ctgm zione che aveva del greco e dell'antica geometria dimostro che il libio dei^nj IX si attribuiva ad Archimede; trovando nondimeno m esso molte proposizioni