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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   capo iii. 115
   DijJprima d'altra eosa ehe l'Alfieri fu poeta perchè volle. L'energia di una volontà ierrea ed assetata di gloria gli pose in mano la penna; non badò che la natura gli avesse negate certe facoltà che sono essenziali al poeta; volle e volle sempre e fortissimamente volle; e la natura dovette arrendersi all'ostinato assalitore. A Giuseppe Joubert, l'amico di Sainte Beuve, l'Alfieri dava l'imma-ine di un forzato condannato dalla natura alle galere del Parnaso italiano. Perdoniamo al francese ciò che v ha di crudo nella similitudine non insopportabile all'autore del Misogallo; mutiamo la parola natura in quella di volontà, e la galera nella nave di un ardito marmo che va per l'Oceano alla ricerca di nuove terre Nella migliore delle sue opere m prosa eh'è Del principe e delle lettere, dopo avere annoverate tutte le classi degli uomini sommi eome letterati, scienziati politici legislatori, artisti, capitani, capi-setta e santi, soggiunge: ehe sommi veramente non furono mai, ne sono, nè saranno, nè potranno mai essere in nessuna delle nomate classi coloro che a divenir sommi non avevano avuto per mima base l impulso naturale, cne definisce in questo modo: È questo impulso un bollore di cuore e di mente, per cui non si trova mai pace nè loco: una sete insaziabile^ di ben fare e di gloria: un reputar sempre nulla il già fatto e tutto il da jarsi, senza però mai dal proposito rimuoversi: un'infiammata e risoluta voglia e necessità o di esser primo fra gli ottimi o di non esser nulla L questa- la superba e divina febbre dell'ingegno e del cuore, dalla quale sola piw nascere il vero bello ed il grande. Che questo impulso fosse sentito dall'Al-fie^muno dubita: era 1 impulso che nell'udire dall'abate di Caluso l'ode del Guidi alla Fortuna, lo trasportava fuori di sè; l'impulso che alla lettura diPlutarco lo faeea balzare in piedi, agitatissimo, e prorompere in lagrime di dolore e di rabbia pe tempi, pe' luoghi e pe' governi ne' quali viveva. Ma questo im-ifcfso che lo trasse a scrivere ed a versare nella tragedia il suo euore, anzi tutto se stesso, veniva veramente dalla natura o dalla volontà? A' grandi poeti la natura ha sempre concesso tutto ciò che forma l'essenza della poesia; larghe di immaginazione, ehe ricevendo, come in uno specehio, le forme dell'universo' e riproduce nei lavori dell' arte eolla stessa verità che hanno in natura; e quando lo ehieda il bisogno, dona loro forza e delicatezza di sentimento per cui 1> grandi ereaziom poetiche hanno tutto il vivo, il verosimile e lo spontaneo ch^ vcggiamo nelle opere della natura. Omero è pari a sè stesso in Achille ed Andromaca; Dante in Farinata e Francesca; Shakespeare in Otello c Cordelia Alfieri ebbe da natura una sete insaziabile di libertà, d'indioendenza e di o-bria • ogni più piccola mostra di schiavitù lo irritava. Ne' suoi ultimi anni a Firenze, guai se i servitori quando tornava a casa, chiudevano il portone e mettevano il ehiavistello, quando ancora avesse potuto udirne lo strepito • gridava eh era schiavo abbastanza, nè voleva sentirsi mettere anche in prigione. Certe leggi del Piemonte gli pareano più che tiranniche; non potere, nonché in patria in alcun luogo di Europa stampare uno seritto senza il permesso della eensura piemontese; non potere esportare nè oro, nè argento: nè poter via-giare al di fuori senza il eonsenso del re. Nato e cresciuto a rio servaggio in seno, dice ne sonetti che ha rotto i ceppi; che a ciglio asciutto Donò gli agi paterni e in un l indegna Lor servitù che a star tremante insegna; Che dove un solo contro ... bas.ta> Patria non gli è, benché natio terreno. La legge vietava ehe i nobili vendessero i loro beni senza licenza del re; l'Alfieri fece donazione de' suoi aita sorella col patto segreto di un'annua pensione e deluse la legge. Sferrato ' ipmonte, trascorre l'Europa, nè vede in ogni luogo, tranne l'Inghilterra, ehe % tiranni; m Vienna sdegna di conoscere il Metastasio, perchè nei giardini di Schoenbrunn lo aveva veduto fare la genuflessioncella-d'uso a Maria Teresa, : veduto Federico II, ringrazia il cielo di non es sere nato suo schi
   avo; in ungi trova prima un solo tiranno; poi vede dappertutto re plebei, e la Francia che in ifertala angoscia Soggiacque a un solo re dianzi servente, Or sotto mille