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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   112 CAPO III.
   E temer di dar noja a cui si parla ; Andar da statua, tener chini gli occhi, Fuggir cerchj di genti; a chi domanda Più rispondere a cenni, che a parole; Morder gli altrui costumi, e della sorte Spesso lagnarsi, segni son che langue Fra Vugne di librai spirto non vile.
   Le strettezze di famiglia e l'ingrata fatica di tradurre dal francese pe' librai gli spensero nell'anima la naturale giovialità, che mista a quella tristezza poteano fare di lui lo Sterne d'Italia. La canzone Perchè tornate ancora a questo petto , Sacre sorelle, ecc., sembra del Leopardi; il Foscolo ne ha citati questi versi:
   Adunque terra coprirà quest'ossa Ignude e celerà con esse il nome Prima del mio morir quasi già spento; Solo una donna scioglierà le chiome, E lagrime versando sulla fossa Spargerà intorno il suo mesto lamento.
   Questa poesia del cuore più ancora che ne' versi si trova nelle Lettere iel poeta, quando ricorda i begli anni della sua giovinezza passati a Pordenone ed a Vicinale, ove erano i poderi dei Gozzi; e più tardi nelle splendide ville di Stra e di Pontelungo con Marco Foscarini, al quale rivedeva la Storia; della lettere-tura veneziana. Ebbe vena felicissima nella poesia bernesca; pose in versi li mi-rabil candore alcune favole di Esopo, e la sua versione Della Morte di Adamo di Klopstock, una delle letture più care al Canova, se cede di fedeltà e di el ganza a quella del mio amico Casimiro Varese, è nondimeno la prima tollcrabil versione dal tedesco che avesse l'Italia. Il Gozzi non si adombrava della letteratura straniera, ma si regolava nella scelta con più senno del Cesarotti.. Odia-tissimo gli era lo stile frugoniano da lui deriso in molti luoghi de' Sermoni e nel sonetto seguente:
   I poeti son oggi Salmonéi
   Che imitan Giove nel romor de' tuoni; La poesia è lampi e nuvoloni; Non han freno i cavalli pegaséi. Apollo va gridando: 0 asso, o sei; Voi volete esser tristi, o esser buoniì Far gargagliate, ovvero far canzoniì Sturatevi gli orecchi a' detti miei. Cantate solo quando i'> cor si desta; Non vi spremete ognor concetti e sali Collo strettoio fuori della testa. Studiate in sentimenti naturali,
   E fate che uno stil vario gli vesta, E che or s'alzi al bisogno, ed ora cali.
   Lo star sempre sull'ali Non lascia andar del pari col suggetto, Nè ben vestir le immagini col detto.
   Avrò sempre a dispetto Quell'armonia che ognor suona a distesa, Come fan le campane d'una chiesa;