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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   HO CAPO III.
   l'unità diviene uniformità e ti prende la stanchezza ; che invano il poeta lotta con tutte le sue forze contro la fatalità dell'argomento: invano drammatizza, crea episodi, foggia racconti. Ma chi ha mai chiesta l'azione nella satira? E se non è l'azione eroica del Tasso o la semi-eroica del Tassoni, non v'ha forse movimento di azione nel giovane signore che dalle seriche coltri passa alla toeletta, esce al passeggio, alla visita, va al pranzo, al corso, alla veglia ed al giuoco? Sarà l'azione di Omero nella Battaglia delle Rane e dei Topi; ma è pur sempre un'azione. Un nome proprio forse sarebbe bastato a contentare il critico napoletano, il quale se si stanca nella lettura del Giorno, io credo per non cadere spossato si guarderà bene di tocqare le Georgiche, Orazio, Giovenale e tutti i didascalici, lirici ed elegiaci del mondo. Qualche altro dice essere sovercha uri ironia continuata per tanto spazio di tempo, nè sempre velata in modo che tosto non appaia'la punta, come quando parlando delle varie figure delle cartei da giuoco, nominato l'asino, il poeta soggiunge, onde a se grato E giuocatrici e giuocator fan speglio.
   Ma la varietà delle digressioni, la grazia tutta greca degli apologhi e del e allegorie, quella meravigliosa pittura del Mattino e della Notte, l'inimitabile perfezione del verso sempre proprio della cosa che esprime, fauno d el Giorno il prù perfetto dei nostri moderni poemi. Alessandro Manzoni, che non si contentava di qualche nostro classico, soleva dire: più leggo il Parini, e più mi cresce sotto mano. Pecca qualche volta nelle inversioni tanto nemiche all'indole della mostra lingua ; voleva divezzare l'orecchio italiano dalla garrula scorrevolezza degli Arcadi, e però, se non la lode, gli si deve il nostro perdono.
   L'Italia col Parini entra nel suo vero campo poetico. Nella prima edizione delle sue opere fatta dal Reina, quanto mi piacque di vedere fra i nomi (lei so-scrittori Vittorio Alfieri, Vincenzo Monti, Ugo Foscolo ed Alessandro Manzoni ! D »po lui l'italiana letteratura conobbe il suo ufficio; e dato il bando alla vuota parola, prese a nutrirsi di civili pensieri; nè fu strmato ed amato dalla nazione chi non promovesse la intellettuale e morale coltura, e maturasse in questa maniera 1' ora del nostro riscatto politico. La vita e l'arte del Parin» furono pure e dignitose d'un modo; esse aggiungevano alle sue lezioni nel pubblico ginnasio la forza e l'autorità dell'esempio. Non so dove il De Sanctis leggesse che il Parini era un abatino zoppicante dall'un pie, e così graciletto della persona. Il Reina, che v ss e molti anni con lui, dice che aveva alta statura, fronte bella e spaziosa, vivacissimo grande occhio nero, aperti lineamentr rilevati e grandeggianti, muscoli àel volto mobilissimi e fortemente scolpiti, mano maestra di bei modi, voce gagliarda sonora e pieghevole, austerità di aspetto raddolcita spesso da un grazioso sorrrs^ ; qualità che indicavano in lui 1' uomo di animo straordinariamente elevato, e g]1 conciliavano una singolare riverenza. Nè il suo zoppicare era d un solo piede, n.a gambe, cosce e braccia fino dalla giovinezza gli cominciarono a mancare di a' mento, cosicché gli era tolto il libero uso di queste membra. Era poi tanta in liu la dignità del portamento, del porgere e dello stampare l'orma che ogni persona era obbligata a guardarlo con meraviglia, come accadde all' imperatore Leopoldo II nella sua dimora a Milano. Queste doti esteriori accrescevano forza alla sua eloquenza. Quando i Francesi occuparono la Lombardia, il vecchio poeta fu eletta membro del Magistrato municipale: e quello che vi disse e vi fece ricorda i più bei tratti dogli eroi di Plutarco, ch'era il libro prediletto de' suoi ultimi anni, e eh' egli soleva chiamare il più galantuomo degli antichi scrittori.
   Giovanni Torti, lo scolare più caro del Parini, nella sua epistola sopra i Sepolcri di Foscolo e di Pindemonte, compiangendo l'amico De Cristoforis che non abbia conosciuto ai persona il Parini, descrive il suo maestro con questr bei versi:
   l'acerba
   Tua giovinezzaj e Vinvidio recinto,
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