capo ni. 35
E noto ohe questo filosofo nella etica considera l'uomo, non come individuo, ma come membro di una civile società; si propone quindi di condurlo ad un viver felice relativo ^ talentato; e però trattando a lungo delle virtù pubbliche non parlò delle private virtù dell'uomo se non quanto cospirano a formare un onesto ed utile cittadino.
L'elea aristotelica ebbe per questo molti censori in ogni tempo; pareva che le virtù del cittadino coonestassero i vizi dell'uomo; e la felicità fosse riposta nella vita presente contro gli insegnamenti della religione cristiana. Lo Stallini si accorse di questo difetto del suo testo, e studiossi di ridurre quella dottrina ai sovrani ed universali principi del buono e del giusto, sovra i quali si gloria di essere fondata ogni morale filosofia. Vide che 1' uomo considerato in sè stesso era un ente composto, la cui perfezione dipendeva dall' ordine interno delle sue i icoltà, e vide che questo uomo medesimo, come membro della società, non era che una parte di un tutto armonico, col quale doveva concordare in ogni sua azione. Dotato di senso, d'immaginazione, di memoria e di affetto in quanto è un ente animale, e dotato d'intelligenza, di volontà e di libertà, in quanto è un ente ragionevole^ egli deve far uso di tutte queste diverse facoltà nella proporzione e bella armonia volute dalla natura; il senso e le sue figliazioni non devono estendersi oltre i confini segnati dalla ragione; nè questa deve tiranneggiare i sensi in maniera da renderli inetti all'ufficio prescritto loro dalla natura. Questo è l'equilibrio ^ delle facoltà, di cui lo Stallini parla in tutte le sue opere; equilibrio che corrisponde al posto dell' uomo nell' universo, aequator universi, nel quale è eome anello fra il puro spirito e la materia. In questo modo il principio della morale posa sopra un disegno della natura, o meglio del suo Autore, e non sopra una umana istituzione com'è la città. Ora posto pure che la dottrina dello Stellini possa dirsi difettiva, non sarà mai detta erronea; poiché se parla dell'umano perfezionamento delle nostre facoltà non esclude un perfezionamento ulteriore mediante le verità insegnate dalla religione.
Pier Luigi ttabil colle sue Lettere Stelliniane credette di esporre agli Italiani le dottrine del grande Somasco ; nè si avvide che compendiando quel voluminoso trattato, egli non ne dava all'Italia che la ossatura aristotelica. Il profondo senno ^dello Stellini appare nelle speciali osservazioni che come corollari discendono da' generali principi; in esse si rivela il meraviglioso acume della sua ìlente, e l'immensa erudizione in ogni genere più che diverso di arti e di scienze dalla più ^ alta matematica alle più minute notizie di storia naturale. Pecca nondimeno d'un certo lusso di citazioni tratte da fonti recondite, come sono i frammenti d'antichi Greci; ma cessa la meraviglia che ciò facesse nella etica, quando nell'orazione funebre per un padre Generale della sua Congregazione lo veggiamo citar Plinio, Giulio Capitolino, Flavio Yopisco e Dione Cassio ; e nella orazione m morte del cardinale Zeno Tucidide, Dionigi di Alicarnasso, Eschine e fino Anacreonte.
Più conosciuto in Europa è il trattato Della origine e progresso de' costumi. egue in esso, ma non ricalca le opere del Vico, di cui lo Stellini fu il più grande discepolo prima del Niebuhr e del Michelet. Crede che nell'infanzia del genere umano, le facoltà nostre fossero inoperose e deboli in modo che gli uomini si appagavano di un facile e semplice vitto che la terra ancora non coltivata loro dava. Questa fu l'età dell'oro cantata dai poeti, alla quale successe un'età feroce prodotta dal parco e duro vivere di prima. I forti presero a signoreggiare i deboli • àh questa ineguaglianza germogliarono le idee di giustizia, la quale trovata meno equa dai deboli, si ricorse all'astuzia, I forti se ne giovarono anch'essi; fortezza ( prudenza unite crearono la città, della quale è moderatrice la giustizia. Allo Stellini si mosse giusto rimprovero di avere immaginato l'uomo primitivo in uno stato chc nè la ragione nè la storia ammettono. Se 1' uomo nasce dotato contemporaneamente eli senso e di ragione, come si può supporre chc passassero al-